Quelli del sabato pomeriggio (altro che vasche)

Testimonianza di Maria Prodi, MSAC Pisa anni ‘70

Ho ancora in soffitta a Pisa, scrupolosamente collezionati, e poi miseramente abbandonati, molti documenti sulla vita del Msac nella Pisa degli anni 70.

Gli elenchi di nomi con  numeri di telefono, scuole e classi che ci servivano (inimmaginabile Facebook!) a tenere i contatti fra di noi, e con quelli che gravitavano senza troppa regolarità attorno alla associazione. I nostri volantini  e il Movimento Notizie che usciva regolarmente,  tirato a sprezzo del pericolo con la macchina del ciclostile che eruttava inchiostro e impiastricciava tutto.

Conservo anche molti schemi delle nostre riunioni: quelle del sabato pomeriggio (altro che vasche…) divise per istituti, e sperimentalmente, solo per alcuni anni, per fasce di età. Gli schemi degli incontri del martedì in cui si alternavano il gruppo biblico, ed il gruppo teologico.  Conservo anche i fascicoli dei canti, sulla copertina dei quali azzardai i miei primi lavori di illustratrice…

Il giovedì era dedicato alla messa feriale, assieme, nella chiesa di San Giuseppe, e successivamente di Sant’ Anna. Perché era fermo e chiaro il principio che la partecipazione al Msac non doveva allontanare dalle parrocchie, e che alla celebrazione eucaristica domenicale ci si sente chiesa, semplicemente chiesa.

Non ho a disposizione il mio archivio, e questo impedisce a me qualsiasi velleità di ricostruzione storica e forse solleva da un poco di noia chi legge…..

Solo qualche riflessione:

  1. La pastorale d’ambiente non era considerata semplicemente come un accorgimento logistico per raggiungere uno specifico target raggruppato fra le mura scolastiche. Era invece una  prospettiva  profondamente impregnata di senso conciliare del dialogo e della mediazione. Mediazione  con le realtà culturali affidata alla fede, ma anche all’impegni intellettuale di chi, seppure come studente, è chiamato a lavorare nella dimensione del sapere. Chi si esercita nello studio ed  ha il compito della costruzione dei propri strumenti intellettuali non può esonerarsi dall’affrontare la sua dimensione di fede, per se e per gli altri, cercando di “rendere ragione della speranza che è in lui”.  Mi pare che oggi si sia  diffusa una grave diffidenza per la dimensione intellettuale nella vita dei credenti, e che la pastorale si affidi sistematicamente a strumenti retorici ed emotivi considerando infido il terreno della conoscenza. Eventi  e  spettacolarizzazione sembrano  strumenti più efficaci  per attrarre i giovani che non una faticosa ma autentica ricerca delle ragionevolezza pascaliana del proprio credere. Le letture che facevamo al Msac, già dalle scuole medie,  di encicliche, documenti conciliari, testi teologici, oltre che tratte dalla Scrittura testimoniano l’investimento convinto nella voglia di maturare una testimonianza consapevole e riflessa.
  2. Il Movimento, a differenza dei Movimenti che oggi esercitano una grande influenza su molte chiese locali, non si è mai pensato come una porzione di Chiesa, o peggio che mai come una più autentica Chiesa di veri credenti. Chi si impegnava nel Movimento serviva semplicemente una funzione della Chiesa tutta, di evangelizzazione dei luoghi, ma soprattutto della esperienza di formazione. Aggregare i cattolici che vivevano altre esperienze, i ragazzi provenienti dalle comunità parrocchiali, offrendo strumenti e momenti aperti a tutti, come le lodi mattutine nella chiesa vicina a scuola era lo stile ecclesiale del Msac .
  3. Grazie anche alla educazione  alla responsabilità per la dimensione politica e sociale,   fondai con qualche altro un gruppo di presenza politica nella scuola, vivendo i difficili anni della contestazione, dell’avvio dei Decreti Delegati, del diffuso tumultuoso e contraddittorio desiderio di partecipazione, me nello stesso tempo di diffidenza, che noi non condividevamo, nei confronti delle istituzioni democratiche e degli strumenti della democrazia rappresentativa. Decidemmo di connotare in modo pienamente laico il nostro gruppo, considerando un arricchimento la condivisione del percorso con ragazzi estranei ad una esperienza di fede. La piena partecipazione al Msac non ostacolava la nostra esperienza politica, ma sempre e comunque i due piani restavano pienamente distinti non solo a livello di principio, ma nella prassi. Ho imparato a considerare mio compito e responsabilità l’esercizio delle scelte politiche, e della necessità del rendere conto alla mia  coscienza e agli altri delle scelte stesse senza invocare il mio essere cattolica come  giustificazione o omologazione delle mie opzioni. Ma la partecipazione al Msac è stata fondamentale per fare maturare questa vocazione a prendersi cura della dimensione sociale e politica connotata non da una semplice frequentazione dei luoghi del potere, ma da una visione radicata in principi eticamente esigenti e intellettualmente consapevoli.

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