Testimonianza di Manuela Càrastro del Msac di Reggio Calabria anni ‘90
Il MSAC era una questione di famiglia, non solo perché da sorella minore ero sempre la ruota del carro che solcava la strada già percorsa dal fratello maggiore (segretario diocesano, incaricato regionale e poi segretario nazionale per ben due lunghissimi mandati), ma perché da noi a Reggio, il MSAC per tutti noi figli di cattolici impegnati era la diretta emanazione di servizio, presenza e voce nel mondo della scuola.
Il MEIC dei nostri genitori era per noi il MSAC, con in più una forte dose di emancipazione e di sfida verso l’apatia che respiravamo nelle nostre classi. Il MSAC quindi come presenza e dialogo, come consulta, come movimento, come testimonianza e come identità, a 14anni un modo di essere protagonisti e contestatori a volte.
Degli anni di movimento, mi ricordo benissimo la gioia del comunicare ciò in cui credevi e la responsabilità nel testimoniare con chi più piccolo di te, vedeva in te una guida. Il distacco andando fuori all’università è stato forse anche più grande proprio perché era anche il distacco dall’impegno che poi senza più MSAC non ho più provato. Come dimenticare, anche le rivalità non dette con FUCI e Settore Giovani, le lunghe ore di consigli diocesani e le sfuriate con chi ci considerava vicini a CL o a Opus Dei… il MSAC è il MSAC nulla di più nulla di meno: una vita spesa per rendere la scuola una cosa tua e non un posto in cui andare.
Manuela carastro