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“I giovani studenti hanno bisogno di scoprire in profondità le ragioni della fede: questa è la vera sfida

martedì, 13 aprile 2010

Testimonianza di Amedeo Postiglione – Delegato nazionale Movimento Studenti 1961-1964

In occasione dei 100 anni di vita del MSAC – evento già di per sè straordinario – desidero far pervenire un breve messaggio di saluto ed augurio trovandomi nella impossibilità di essere presente. Sono particolarmente lieto di sapere che il Movimento Studenti di Azione Cattolica esiste e soprattutto che ha la volontà decisa di continuare a vivere.

La mia esperienza di Dirigente nazionale si situa fra quelle degli amici Gilberto Balduini e Camillo Moser e successivamente di Livio Pesce. In verità avevo già fatto a a Roma l’esperienza di membro nazionale del Movimento Aspiranti nel periodo ‘58-’60, e ricordo tutt’ora con commozione il compianto Claudio Bucciarelli e l’amico Gregorio Donato, oltre che l’assistente Don Pierfranco Pastore.

All’epoca vi erano personalità molto importanti, tra cui anche Luciano Tavazza, Luciano Scaffa, Domenico Volpi e naturalmente il Presidente Nazionale Generale Bachelet, indimenticato testimone di fede cristiana e di coerenza civile.

L’esperienza fra i ragazzi nata dal basso, cioè Parrocchia, diocesi, regione, mi servì per non trascurare gli aspetti organizzativi e strutturali di un vero Movimento Studentesco a livello nazionale, legato alla gerarchia ma anche capace di esprimere idee innovative.

Ricordo non solo i campi scuola, ma le consulte regionali e gli incontri nazionali che dimostravano il legame con il territorio e l’entusiasmo dei partecipanti. Erano persone meravigliose per la loro testimonianza di fede e mi piace ricordare anche che fra gli amici vi erano anche personalità distintesi poi a livello politico, come Segni, Mattarella e Mastella. I primi contatti con Comunione  e Liberazione furono di estremo interesse e anche molto amicali, perchè aprivano prospettive interessanti come gli eventi successivi dimostrarono. Soprattutto nel settore della stampa, furono allora valorizzate le esperienze studentesche locali.

Quali altri ricordi personali?

Ad essere sinceri, il mio interesse era ed è per i fondamenti della fede e la testimonianza in Gesù Cristo Signore, e meno per le preoccupazioni interne autoreferenziali sul ruolo religioso o sociale dell’Azione Cattolica, convinto come ero e sono, che il messaggio cristiano è importante sul piano sociale e politico ma non va confuso  con esso.

Allora non avemmo la capacità di anticipazione anche culturale di quanto sarebbe poi esploso nella scuola  e nella società a distanza di pochi anni, cioè il Movimento del ‘68  e poi il terrorismo!

Vinto il concorso in Magistratura, e dopo il matrimonio con due figli meravigliosi, mi dedicai soltanto alla famiglia e alla professione. Tuttavia, l’idea di lavorare per gli altri, patrimonio di cui sono profondamente grato all’Azione Cattolica, riprese a livello di esperienza per la qualità della vita e l’ambiente in una parte importante della città di Roma. Fui il primo a creare un Comitato di quartiere non di sezione di partito per assicurare alle famiglie ed ai ragazzi uno spazio per vivere, cioè verde pubblico, servizi sociali e tutela del patrimonio storico e artistico. Per ben 7anni, mi dedicai all’esperienza di quartiere con indipendenza e credo equilibrio, fino a che, anche a livelli della diocesi di Roma, si ritenne di organizzare il Convegno del 1974 sui cosiddetti “mali di Roma ” ad opera del Cardinal Poletti. Gli incontri di Sua Eminenza, ristretti ad un gruppo limitato di persone (tra cui Massaccesi, Scoppola, De Rita, Tavazza ed il sottoscritto)  che avvennero dopo il Convegno diocesano , mi fecero capire che i mali di Roma sarebbero rimasti senza un impegno diretto della gerarchia ecclesiastica, forse per la volontà comprensibile di evitare possibili strumentalizzazioni sul territorio della componente comunista politica nella città (reale salvo alcune eccezioni).

Sopravvenuto il terrorismo, non era più possibile lavorare con tranquillità con i cittadini, e perciò trasferiil mio impegno nel cuore della Corte Suprema di Cassazione dove costituii un Gruppo di lavoro Ecologia e Territorio a carattere nazionale, con il compito di promuovere l’evoluzione del diritto ambientale nel nostro Paese e la giurisprudenza. L’interesse per l’ambiente si spostò a livello internazionale attraverso la creazione di una Fondazione ad hoc con il compito di promuovere  a livello internazionale nuove istituzioni per l’ambiente. Infatti, esisteva ed esiste un vuoto enorme di governance globale dell’ambiente perchè una cultura adeguata (ben diversa dall’ambientalismo di maniera) tarda a svilupparsi in ordine alla gestione e controllo dei fenomeni globali dell’ambiente divenuti ora drammatici. Questa Fondazione, denominata ICEF, presentò a Rio de Janeiro nel 1992 in occasione della Conferenza ONU non denunzie ma un progetto positivo a favore di una Agenzia Internazionale dell’Ambiente e di una Corte Internazionale dell’Ambiente. In verità, oggi è cresciuta la consapevolezza su questi temi ache a livello alto del mondo cattolico, sicchè il Santo Padre Benedetto XVI ha preso posizione a favore di una Autorità Mondiale Politica per il governo dell’economia e dell’ambiente, come da nota separata mi permetto di commentare. Questa presa di posizione, se io fossi tutt’ora dirigente nazionale del Movimento, dovrebbe essere fortemente valorizzata in tutte le sue implicazioni e sostenuta con iniziative concrete nel segno cristiano.

Chiedo scusa se ho parlato troppo di me, ma volevo solo sottolineare che il Movimento Studenti dell’Azione Cattolica deve saper guardare dentro i grandi valori della tradizione e della fede, ma anche fuori con spirito di indipendenza e di servizio. La mia opinione conclusiva è che i giovani hanno bisogno di scoprire in profondità le ragioni della fede: questa è la vera sfida”.

Noi, cristiani non di quelli che fuori della parrocchia non se ne accorge nessuno

venerdì, 9 aprile 2010

Testimonianza di Francesco Ghedini segretario msac  di Padova dal 1974 al 1978.

Per i cento anni del Movimento studenti di Ac volentieri ripenso a quanto a suo tempo ho imparato. Mi sono avvicinato al gruppo padovano del Msac a un campo scuola estivo, su consiglio della mia docente di greco, Paola Sommer, e assieme ad un amico e compagno di classe, Antonio Da Re. Poi la frequenza agli incontri di approfondimento, di formazione, di preghiera, non solo per i ragazzi del Movimento, ma proposti anche agli studenti dei vari Istituti scolastici; così ad esempio certi incontri di preghiera prima delle lezioni – veniva anche qualche prof – o nelle festività religiose… ecc. C’erano i momenti forti, i campi scuola in cui ci si caricava, le gran partite a calcio tra vecchi e nuovi del movimento, coi vecchi che non superavano i diciotto o diciannove anni; ci si divertiva a stare insieme (ho ancora le foto di qualche gita, o di qualche festa in maschera, per carnevale) ma poi c’era il lavoro feriale, in cui si faticava (che gruppi di studio sui documenti conciliari!), si imparava a “metterci la faccia”, cercando di vivere “da cristiani” (ma ragazzi di quindici, sedici, diciassette anni !) nella scuola. C’era un assistente tosto, don Giorgio Bernardin, che teneva sotto controllo i “responsabili di istituto” ricordandoci instancabilmente che, dopo che si è parlato e ci si è scambiati le idee, ci vuole sempre qualcuno che, comunque, tira la carretta. Lui parlava provocando di “democrazia pilotata”, ma, negli anni in cui fui segretario diocesano con la carissima Roberta Bruni (nominati dopo la fine del mandato di Angioletta Gui e Umberto Folena, chiamato a fare il segretario nazionale  Msac), fu di una discrezione assoluta, lasciandoci la più completa autonomia di lavoro e di decisione.

Mi è piaciuto del Movimento il fatto che ci ha dato modo di non restare cristiani di quelli che fuori dalla parrocchia non se ne accorge nessuno; mi è piaciuto allo stesso modo però il fatto che non si è proposto come comunità alternativa alle parrocchie e, soprattutto, che ci ha insegnato a non confondere la  fede con le nostre scelte concrete, particolari, confermandosi, nel solco dell’Ac di quei tempi, una scuola di laicità. Erano gli anni delle prime elezioni scolatiche, dei decreti delegati e si richiedeva una rappresentanza studentesca. Allora, nelle nostre scuole, ad avere gruppi organizzati erano solo i “fasci” e i “rossi”. Noi però non ci buttammo a fare la lista cattolica (ci pensarono altri soggetti, allora, quanto a risultati, meno popolari di oggi), ma mettemmo in piedi, con altri non del Movimento, un raggruppamento laico, e con pazienza e impegno (volantinaggi, cartelloni affissi sugli spazi messi a disposizione nella scuola, manifestazioni, riunioni di studio ecc. ecc.), riuscimmo a far convergere sulle nostre posizioni (che non andavano magari bene a tutti i cattolici, ma a tanti sì) una buona fetta di studenti, in molti istituti padovani la maggioranza relativa.

Avevamo imparato a fare i conti con “una maniera esigente di vivere la carità”: lasciandoci impegnare dal Vangelo (il nostro tempo, le nostre energie, la nostra credibilità) ma senza impegnarlo in scelte che, soprattutto nella sfera politica, sono sempre parziali e provvisorie. Qualcuno si defilò dall’impegno in prima persona nel Movimento, molti non si impegnarono nel gruppo politico: non ci furono in tutti i casi le pacchiane strumentalizzazioni che ancor oggi capita di vedere, anche autorevolmente sponsorizzate.

Un’altra cosa bella: nel Movimento si poteva imparare a essere protagonisti senza (eccessivi) protagonismi, facendo la propria parte di lavoro per il tempo giusto e lasciando poi ad altri la propria parte di fatica e di responsabilità.

Ho lasciato da più di trent’anni l’impegno nel Movimento. Sono rimasto nel mondo della scuola (prof. di filo), ma sono contento di concludere questa modesta memoria segnalando che…  anche mio figlio Giacomo è parte del gruppo Msac di Padova, e sarà alla festa del centenario.

COM’È CAMBIATO E CHE BELLO IL MSAC OGGI!

venerdì, 9 aprile 2010

Testimonianza di don Giuseppe Valensisi – assistente nazionale msac 1977-86

Siamo passati dalla macchina da scrivere Olivetti “Lettera 32”, al computer, a You Tube e chissà.

Ecco, appartengo all’era dei tasti da pigiare con una certa energia.

Ero assistente del Movimento nella mia diocesi da 2 anni, per caso e per volontà divino –gerarchica.

Non avevo frequentato molto il Centro Nazionale. Solo il minimo necessario: qualche campo, convegno e un congresso.

Ricordo di un campo in cui si era discussa la bozza del documento finale del congresso. Non sapevo che, in quella occasione, ero un  sorvegliato speciale. Fatale fu per me il fatto, così mi hanno riferito voci di corridoio romano, che per colpa dei miei interventi avevano dovuto spostare la bozza del documento dalla prospettiva sociologica sul baricentro della evangelizzazione e della pastorale.

Sono giunto al Centro Nazionale dopo un colloquio – meditazione “ad pesonam” del mio Vescovo. Mi parlò della Chiesa e di amare questa Chiesa. Ero d’accordo. E, visto che ero d’accordo, per amore alla Chiesa sarebbe stato opportuno il mio servizio al Movimento Studenti. Così chiedeva Roma!

Era il 1974. Si respirava allora un’aria effervescente. Il Concilio, l’onda lunga del cosiddetto ’68, il nuovo statuto dell’A.C., l’Assemblea dell’A. C. che per la prima volta indicava la terna dei suoi presidenti, non più di nomina del Santo Padre, ma della CEI, l’anno del referendum sul divorzio, da cui l’A.C. ne era uscita un po’ ammaccata, (e un po’ di più il MSAC), il convegno del 1974 su “I mali di Roma”, presieduto dal vicario del papa per Roma, il cardinale Ugo Poletti, il prossimo Anno Santo del 1975 erano tutti motivi che spingevano l’Azione Cattolica centrale verso il largo, magari in modo empirico, disorganico, con tensioni. Ma c’era speranza, entusiasmo e anche un po’ di illusione che davano voglia di provare, di proporre, di tentare, di fare.

In questo contesto non si poteva non restare contagiati. E se il MSAC era una piccola realtà, una fievole voce, non poteva non sentirsi nell’ingranaggio.

Si sapeva che il nostro stile doveva essere quello dell’azione silenziosa. Eravamo niente, per di più da due anni anche senza un’assistente. Dovevamo essere spettatori muti di tutte le attività e ci era concesso, nell’intervallo, un quadretto controllato di pubblicità.

Ben presto, però, maturava la convinzione che un “movimento“ non era un cagnolino da guinzaglio, una ruota di scorta. Ci siamo lasciati prendere dall’idea “assurda” che il Movimento doveva identificarsi come  la punta avanzata del Settore Giovani, una realtà di frontiera capace di rischiare e di sbagliare più degli altri, e che l’impedirci di esserlo diventava un boomerang anche per tutto il settore.

Strategicamente, e anche con un po’ di azzardo, prese forma il piano d’attacco: diventare “amici” di chi aveva un ruolo, specialmente se non molto visibile, al Centro Nazionale, diventare cani sciolti aperti a tutti, curiosi di capire, di studiare, di intessere relazioni, di andare a vedere le realtà diocesane dove c’era e dove non c’era il MSAC.

In pratica chi del MSAC si allontanava oltre i 250 Km da Roma doveva incontrare non solo il gruppo di  Movimento o la diocesi in cui era stato invitato, ma programmare la visita agli altri gruppi di diocesi vicine, per alcuni giorni, meglio una settimana. L’ufficio rapporti era dalla nostra parte!

Si andava nelle diocesi che nessuno era ansioso si visitare, si creavano legami informali, si scrivevano lettere, si chiedevano pareri, consigli, suggerimenti, proposte, indicazioni, si intessevano rapporti personali. Siamo arrivati al punto di scrivere ad ogni  Vescovo le cose belle che si erano rilevate. Questo creava una certa simpatia per un movimento costituito da giovanissimi universitari “bravini” (perché, allora, quelli del MSAC se affermavano cose sensate, erano “ragazzi bravi”, se dicevano qualcosa fuori dalle righe, erano “responsabili nazionali”) che parlavano di fede, di Cristo, della Chiesa, della collaborazione con la Gerarchia, della preghiera, là dove correva lo slogan “Cristo sì, Chiesa no”

Man mano che si conosceva la base, cresceva in tutti noi la sicurezza che l’Azione Cattolica era ed è una miniera da esplorare, che la sua storia era ricca di laici e preti santi, di uomini coraggiosi, di gente che aveva imparato dall’impegno ad essere leader nel mondo della cultura,  della scienza, della politica, del lavoro, delle relazioni umane.

Questo legame con la base ci dava un’altra possibilità: aggregare all’armata Brancaleone gente nuova, fresca, senza paure e con la disponibilità a giocare quest’avventura.

Un fatto per me molto importante fu che lo stesso Papa Paolo VI aveva indicato, nell’udienza in occasione del nuovo statuto, di aggiungere alle tre strutture portanti della spiritualità dell’A.C.: “Preghiera, Azione, Sacrificio” (PAS) anche lo “Studio”.

Ho ritenuto doveroso, allora, appropriarmi della raccomandazione–impegno del mio Vescovo di frequentare l’Università Gregoriana come servizio alla Chiesa e immediatamente all’A.C. e questa scelta volevo che servisse anche ai responsabili del Movimento come testimonianza che il nostro primo dovere era lo studio, gli esami universitari e che tutto questo era possibile e diventava un esempio anche per gli studenti che venivano a conoscere anche questi aspetti della vita di un loro responsabile.

La riscoperta della Parola di Dio attraverso lo studio, da un lato, e l’esperienza del contatto con le Chiese locali dall’altro, dava non solo a me, ma a tutti l’entusiasmo, direi, la passione per una Chiesa viva che poi, dalle finestre di Via Conciliazione, si coglieva come marea che camminava verso il suo punto di riferimento.

Nascevano, per forza di cose, attenzione ai temi ricorrenti del mondo studentesco, della Chiesa, della “infinita” riforma della scuola, dell’educazione, della partecipazione, della cultura, della pastorale d’ambiente e poi si elaboravano iniziative concrete che andavano dalla preparazione di un campo, alla catechesi nel mondo studentesco, al capire, in pratica, la nostra collocazione di Movimento all’interno di una Associazione.

La necessità di diventare immediati faceva nascere, o meglio rinascere “Presenza e dialogo” che per una 15 d’anni, penso, aveva smesso la pubblicazione, e poi ancora “Wolking”, (prezzo, se ricordo bene, £ 100 = € 0,05) un pieghevole di 8 facciate, che doveva durare altrettante settimane. Ogni facciata riportava i passi biblici a tema da meditare ogni giorno.

Al centro nazionale quelli del Movimento cominciavano ad infoltirsi, a  farsi conoscere. Cresceva l’interesse per le persone e per la proposta. Il settore giovanile attingeva non raramente dal Movimento i dirigenti o vicepresidenti diocesani. Al centro Umberto Folena diventava Vicepresidente, poi Pasquale Straziota ex segretario MSAC di Bari… e poi, udite, udite, in questi tempi: Franco Miano e sua moglie Pina De Simone che ricordo nel Gruppo di Nola e per finire Sua Eccellenza Mons. Domenico Sigalini, ex assistente del Movimento di Brescia.

Beh. Forse non è vero che la montagna partoriva un topolino. Lo dice anche il fatto che voi ci siete e con un allettante dinamismo.

Auguri e complimenti.

Don Giuseppe Valensisi