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Fede, impegno e… pollo fritto!

martedì, 23 febbraio 2010

Testimonianza di Andrea Zironi, collaboratore centrale anni ‘90

“Quando ripenso all’esperienza del MSAC mi sembra che tutto sia avvenuto appena ieri e allo stesso tempo in un passato molto lontano. Con contorni ugualmente e stranamente nitidi e sfumati.

Perchè si cresce, si cambia, si assumono responsabilità sempre nuove verso se stessi e verso gli altri. E i ricordi si frantumano, svaniscono, riaffiorano, ma soprattutto si mescolano di continuo. Tanto che ho bene in mente volti, amicizie, campi scuola, seminari, luoghi, riunioni, convegni e congressi, Via della Conciliazione e Domus Pacis e Domus Mariae, Roma, manifestazione nazionale con in mano una cartina dell’Europa, P&D Express, viaggi, momenti di preghiera, difficoltà. E poi persone, persone, persone. E un Dio vicino, più vicino di quanto lo senta oggi. Il problema è che non riesco più a collocare questi ricordi in uno spazio temporale definito. 1999? 2002? Maggio? Ottobre? Boh!
Quel tanto che mi resta del MSAC voglio condividerlo con voi in poche parole:
- scoperta e crescita nella fede, un’applicazione pratica del passo evangelico “Laddove due o tre sono riuniti nel mio nome, ci sono io in mezzo a loro”;
- coraggio a credere in se stessi, perché insieme si possono fare grandi cose;
- amicizia, che nonostante la lontananza continua a resistere indelebile nel cuore;
- impegno, all’educazione, alla cittadinanza attiva, alla democrazia consapevole, al confronto, al senso profondo della scuola pubblica, del bene comune;
- gioia nel testimoniare con rispetto e coraggio i propri sogni.
Ma soprattutto … pollo fritto! Chi lo ha sperimentato almeno una volta nella propria vita non potrà più scordarselo. A chi non l’ha mai visto, il piacere di scoprirlo chiedendo a qualche amico più anziano.
Un caro abbraccio a tutti, con affetto e riconoscenza,

Andrea “Zirox” Zironi

Noi del Movimento studenti avevamo un sogno!

martedì, 23 febbraio 2010

Testimonianza di Chiara Canta nella Segreteria Nazionale del Movimento Studenti dal 1973 al 1975

Incontrai l’esperienza del Movimento Studenti nel 1964, a Caltanissetta, dove si stava costituendo un gruppo nell’Istituto Tecnico e mi impegnai, dopo alcuni incontri di fare nascere un gruppo nel Liceo Classico che io frequentavo. Da quel momento il “movimento” entrò nella mia vita e vi ha abitato a lungo, condizionandola per sempre. Ne divenni infatti responsabile (segretaria) diocesana, regionale (della Sicilia) e, subito dopo la laurea in Filosofia all’Università di Palermo, nel 1973, approdai a Roma  alla Segreteria Nazionale……..in Via della Conciliazione, 1.

Sono stati anni “speciali” quelli compresi tra seconda metà del 1960 fino ai primi anni settanta; hanno fortemente caratterizzato la società italiana e, in modo particolare, il mondo cattolico, investito da una serie di fermenti culturali che hanno segnato profondamente le donne e gli uomini che li hanno vissuti, soprattutto coloro che sono stati protagonisti e impegnati nelle diverse forme di esperienze associative e di gruppo. La ricostruzione e la trasformazione della società italiana, il boom economico, la riflessione teologica e culturale nel mondo che hanno avviato il Concilio Vaticano II e la sua successiva attuazione, hanno prodotto una ridefinizione e un  ripensamento dell’impegno dei cristiani nel sociale (“nel mondo”, come si diceva allora) e il diffondersi di una serie di riflessioni e di iniziative concrete a favore dei più deboli in quelle realtà (i “mondi vitali”) e in quei contesti in cui il cristiano viveva la sua quotidianità.

Era questo il clima culturale che si respirava in tutto il territorio nazionale; fermenti, analisi, studi, speranze, progetti, iniziative, erano vivi e diffusi in tutta Italia, soprattutto nelle grandi città, Roma e Milano, dove proliferavano attività e manifestazioni a volte eclatanti e rumorose a volte silenziose e profonde, che avevano come referenti leaders più o meno riconosciuti.

Raramente erano iniziative che coinvolgevano o avevano una risonanza nelle province italiane più lontane dai centri culturali resi famosi da eventi eclatanti; soprattutto sembravano escluse da questi fermenti quei territori che da molti venivano considerate periferie sconosciute ed anonime.

Caltanissetta era proprio una di queste province italiane, che nel territorio nazionale era sconosciuta ed anonima, a tal punto che spesso si scriveva con una “s”, appunto “Caltanisetta”, città del profondo Sud, forse della Sicilia, come riteneva qualcuno.

Ecco perché “noi del Movimento Studenti” ci sentimmo subito dei privilegiati, diversi da coloro che frequentavano le parrocchie e questo divenne uno dei primi motivi di difficile accettazione nella chiesa diocesana. Per la verità, i Movimenti, studenti e lavoratori, la FUCI e il Movimento Laureati erano considerati “esperienze atipiche” ma per noi tutto questo era un privilegio e ci sentivamo anzi più liberi di guardare al futuro e di fare progetti a lunga gittata. Avevamo delle “guide” splendide!! Animatori religiosi e culturali che ci comunicavano messaggi forti.

Sarebbe rimasta anonima una “città lontana e sola”, come l’aveva chiamata alcuni anni prima, nel 1958, Giorgio Caproni, arrivando a Caltanissetta, dopo un faticoso viaggio, se questi “uomini di buona volontà”, veri e propri “profeti”, non avessero portato una ventata di cultura e di iniziative che sprovincializzarono la città in quegli anni, facendo conoscere le idee di intellettuali, di documenti importanti, di studiosi di alto livello, che alimentavano la cultura italiana, ad una generazione di giovani nisseni, molti allora poco più che adolescenti. Furono dei “seminatori” di idee e di speranze che col passare degli anni avrebbero prodotto frutti succosi e saporiti.

Quando penso a quegli anni, a tutti i giovani che facevamo questo tipo di esperienza, mi passano davanti i volti di quasi tutti i giovani della città; eravamo tantissimi, ci conoscevamo veramente tutti, ci stimavamo ed eravamo amici e molto uniti. Sono state esperienze che hanno coinvolto moltissimi, anche con intensità diversa, alcuni magari per poco tempo, altri per molti anni, altri ancora per tutta la vita.

Accanto a questi giovani, gli altri, impegnati esplicitamente in altre associazioni e in partiti, amici e compagni di classe e di studi erano i nostri compagni di strada; con loro abbiamo condiviso impegni e progetti, diversamente motivati. “Noi” del Movimento Studenti andavamo a messa e recitavamo le lodi tutte le mattine….tutto il resto lo facevamo con gli altri studenti.

Per noi queste erano esperienze di fede vissuta, di “impegno nel mondo”, come si diceva allora con maggiore enfasi (e come alcuni ritengono ancora oggi). La nostra socializzazione religiosa è passata per queste esperienze, le ha esperite tutte intensamente e le ha interiorizzate, in maniera creativa ed originale e ci ha accompagnato negli anni. Molti coetanei sono stati per tanti anni nostri compagni di strada, alcuni hanno condiviso o condividono ancora la nostra vita, con altri ci siamo “persi di vista”. Con tutti, quando ancora oggi, ci si incontra, talvolta dopo tanti anni o decenni, non possiamo fare a meno di ricordare e di dire “c’ero anch’io”, di avere la sensazione di parlare lo stesso linguaggio, come se ci fossimo lasciati il giorno prima e di ricordare che tutto questo ha segnato la vita di ciascuno di noi

Questa esperienza ha stimolato anche il nostro processo di apertura e di emancipazione; soprattutto ha aiutato noi ragazze; negli ultimi anni sessanta, quando ancora pochissimi di noi si erano allontanate da sole dalla città, ci spronò, non senza difficoltà dei nostri genitori, restii e non sempre facili a cambiare abitudini e mentalità, a frequentare incontri e convegni nazionali in cui si conoscevano ragazze e ragazzi di altre città che vivevano esperienze come le nostre e il loro incontro fu oltremodo arricchente. Roma era, ovviamente, il luogo eletto (ricordo nel 1968, dal 16 al 19 marzo, quando andammo ad un Convegno nazionale di dirigenti GIAC e GF e Movimento studenti). Al ritorno era tutto un fermento, un raccontare a quelli che erano rimasti in città, uno scambio di lettere e  riflessioni  con giovani di altre città italiane, del nord e del centro.

In quegli anni, noi giovani del Movimento Studenti avevamo un “sogno”: di contribuire a costruire la Chiesa! Era così che progettavamo la “pastorale scolastica”, sulla quale ci confrontavamo e discutevamo appassionatamente e che cercavamo di realizzare nell’ambiente scolastico dove vivevamo. La pastorale scolastica era appunto la costruzione della Chiesa, lì dove si svolgeva la nostra vita, “nel mondo” come dicevamo e scrivevamo in quegli anni.

Pensavamo di averne la forza e la potenza delle idee. Studiavamo per questo e cercavamo di vivere quanto con entusiasmo avevamo elaborato: lo studio della Bibbia in primis, in gruppo, da soli…qualcuno di noi, quando anche i laici poterono farlo, si iscrissero ai corsi di teologia biblica ….. fui la prima donna in Sicilia a scrivermi al Corso per corrispondenza (non c’era altro modo!!)“Ut Unum Sint”.

E poi i documenti del Concilio Vaticano, da poco conclusosi, furono la mia palestra di giovane adolescente. I nostri assistenti ci aiutavano a capire non solo i testi ma anche le fasi preparatorie che avevano condotto a quei documenti, soprattutto di alcuni la Lumen Gentium, la Gaudium et Spes, la Nostra Aetate, l’Apostolica Actuositatem….Non si trattò di una semplice lettura ma di uno studio analitico e profondo…..praticamente ancora oggi vivo di rendita e quando consulto un testo del Concilio, vado a prendere quel vecchio (ormai più che quarantenne) volume dei documenti del Concilio, il primo pubblicato in quegli anni dalla casa Editrice AVE, in cui molti brani sono sottolineati con colori diversi e annotati a margine…. Lo portavo sempre con me, negli incontri in diocesi prima, in Regione poi, nei convegni e nei Campi scuola.

Ma furono soprattutto le idee e le teorie dei teologi che appassionavano me e tutti i giovani del Movimento Studenti. A distanza di anni mi rendo conto che con poche basi filosofiche (prima ancora di iniziare all’Università il mio curriculum di filosofia), leggevo e interpretavo i testi di quei teologi che avevano ispirato il Concilio e che sono stati presenti nel dibattito teologico e internazionale per molti anni (qualcuno ancora oggi).

Negli incontri di formazione spirituale, intensa e fortissima, ci confrontavamo con la Parola attraverso il metodo della Revisione di vita (‘vedere’, ‘giudicare’, ‘agire’). Negli incontri culturali inoltre,  sentii pronunciare per la prima volta i nomi di molti intellettuali cattolici, che qualche anno successivo, individuai come i più grandi teologi ispiratori e protagonisti del Concilio Vaticano II; L. J. Suenens, E. Schillebeekx, H. De Lubac, H. Camara, K. Ranher, B. Häring, J. Danielou, Y. Congar, L. Evely, H. Kung, P. Ricoeur. Questi ed altri pensatori cattolici (J. Maritain, C. Mounier, C. Peguy, ecc), conosciuti in quegli anni sono state le fonti di ispirazione delle nostre idee, i nostri “libelli politici” (!!), che ci hanno trasmesso anche un metodo che per molti di noi è diventato uno stile di vita. Man mano che ne apprezzavo il loro pensiero, scendevo di corsa sotto casa, alla libreria delle Paoline e compravo i loro testi che “divoravo”, probabilmente senza capire proprio tutto, a motivo della giovane età, ma che in ogni caso hanno dato l’imprinting alla mia formazione spirituale e culturale e hanno orientato la mia vita; conservo ancora gelosamente tutti questi libri, sottolineati e annotati, che contengono numerosi foglietti di riassunti e commenti come facevo con i testi di studio scolastico.

Più tardi, negli ultimi anni del Liceo e soprattutto all’Università, quando sono stata segretaria regionale e membro della Consulta Nazionale del Movimento, lo studio di questi teologia divenne più intenso e appassionante e diffondemmo le loro idee, utilizzando brani dei loro testi attraverso i sussidi dei campi scuola, che erano delle vere e proprie “antologie teologiche” di alto livello.

I campi scuola Nazionali e i Convegni Nazionali sono stati momenti di intensa assimilazione di impostazione teologica, pastorale e morale. Con alcuni amici che dopo tanti anni incontro ancora,  ricordo i “mitici” campi-scuola del Pordoi, di Giralba D’Auronzo, di Folgaria, Di Palmi, di Alberi di Sorrento….I teologi e gli studiosi che chiamavamo per guidare le nostre giornate erano persone di livello alto e di grande apertura: C. M. Martini, D. Mongillo, A. Ardigò, G. De Rita, G.B. Montironi, G. Lutte, P. Pratesi ed altri ……..tutte personalità che hanno forgiato la nostra vita e non abbiamo più abbandonato, anche quando non abbiamo avuto più ruoli associativi nel Movimento.

Poi per me venne il 1973, la laurea in Filosofia e, subito dopo la “sofferta rinuncia” di una borsa di studio all’ Università di Palermo, per accettare gli inviti “pressanti” di Vittorio Bachelet, allora Presidente Nazionale dell’ACI, di don Fortunato Spertini Assistente Nazionale del Movimento Studenti e di Francesco Sacchetti, Segretario Nazionale fino al 1973.

Il 15 ottobre 1973, dopo il II° Congresso Nazionale del Movimento Studenti, arrivai a Roma nel Palazzo di Via della Conciliazione, 1, nella Segreteria Nazionale dove rimasi fino al 1975 insieme con Carlo Condorelli.

A questo punto comincia……….un’altra storia!

Chiara Canta

Roma 5 febbraio 2010

Il primato alla formazione delle coscienze

martedì, 23 febbraio 2010

Intervista a Giancarlo Zizola, msacchino anni ‘50

Domanda – cosa organizzavate come delegati studenti a Treviso? In che anni?

Risposta. Più che di organizzazione, parlerei di formazione. Siamo nei primi anni 50 e nella mia diocesi di Treviso si avvertiva la necessità  di seguire il cammino di Carretto e Rossi e don Paoli verso il primato della formazione spirituale delle coscienze, rispetto alla mistica della organizzazione di Gedda.
Comunque, ricordo il giornale studentesco Chiare e Tonde, fatto al ciclostile, partito da 30 copie e arrivato a una diffusione di almeno 200. Era il nostro strumento (artigianale) per comunicare una certa idea di giovani studenti nel mio liceo Canova dei Padri Cavanis a Possagno del Grappa,dove presiedevo l’Associazione Studentesca San Giuseppe Calasanzio. L’obiettivo dell’Associazione era un programma di qualificazione spirituale, di cultura religiosa,di scoperta e sviluppo di vocazioni personali,di educare alla libertà, precisamente gli obiettivi proposti dal presidente nazionale della Giac Mario V: Rossi. Nel giornalino affioravano accenti critici verso l’infantilismo della pietà  formalista e una certa eterodirezione clericale del “gregge”. Avevamo a cuore un bell’italiano e le istanze veritative da privilegiare. Iniziavamo a criticare
l’attivismo del clero che passava le giornate a costruire campi di calcio,cinema e oratori senza puntare abbastanza sulla formazione. Ricordo anche le prime esperienze di ritiri spirituali per studenti nella Casa del Sacro Cuore di Col Draga,alle falde del Grappa, con assistenti del calibro di Pietro Pavan (futuro cardinale) e don Arnoldo Onisto (futuro vescovo di Vicenza). Poi la intera ACI scelse di aderire alla tradizione spirituale che GS aveva istituito… facevamo tutto questo da laici, nella corresponsabilità  di cui si sarebbe
parlato con il Concilio Vaticano II. Nel 1953 la nostra associazione vinse il concorso nazionale “Veritas” di cultura religiosa e andammo a Roma a ricevere il premio dalle mani di Pio XII. Il quale mi esortò in
quell’occasione a Castelgandolfo, presente il presidente nazionale Mario Rossi e l’assistente generale mons. Sargolini, di insistere sulla cultura religiosa fra gli studenti,specialmente necessaria, sottolineò, per combattere non solo l’ateismo delle masse o per circoscrivere il cristianesimo superficiale dei più, ma anche i pregiudizi laicisti delle classi colte. Come ho scritto nella mia autobiografia “Santità  e potere” (Sperling&Kupfer,Milano 2009) quelle parole si inchiodarono nella mia mente e furono per me un’ispirazione costante.

D- come è entrato a far parte dell’Azione Cattolica Studenti? quali figure di responsabili conosceva?

R. La mia associazione studentesca, San Giuseppe Calasanzio, faceva parte della rete delle Associazioni interne,che operavano nei collegi cattolici numerosi nel territorio del trevigiano. Il nostro referente diocesano era Antonio Mazzarolli,una figura di spicco del mondo cattolico locale,con responsabilità
anche a livello di Consiglio Nazionale dell’Azione Cattolica e futuro sindaco di Treviso e senatore della Repubblica. Fu lui come primo delegato studenti della Giac a Treviso a gestire la riforma postbellica con il passaggio dalla suddivisione per classi di età  tra Aspiranti,Juniores e Seniores all’impostazione “alla francese”  per apostolato d’ambiente,con la suddivisione tra rurali,operai e studenti. Dopo di lui la figura istituzionale con cui tenevamo relazioni era Bepi  Marton delegato diocesano studenti dal 1950 al 1954,la data della crisi Rossi,molto traumatica,dato che sulla scia delle sue dimissioni fummo in molti dirigenti di
Azione Cattolica ( che contava 72.400 tessere nella sola diocesi di Treviso) a rassegnare le dimissioni.
Possiamo dire,con il supporto dei risultati delle ricerche storiche, che nella Gioventù Cattolica di Treviso si è
preparata un’intera classe dirigente ,operante a lungo nella politica,nei sindacati,negli enti locali. Su quegli anni vi invito a leggere il libro del prof. Ivano Sartor, La Gioventù Cattolica a Treviso, con un carteggio inedito di Antonio Mazzarolli con personalità  dirigenti della Chiesa e dell’Azione Cattolica. Vi si coglie dal vivo il travaglio della fase di trasformazione dell’Azione Cattolica da apparato trionfalistico di massa,come la
concepiva Gedda,ad organizzazione capace di interpretare le esigenze delle correnti innovative della Chiesa e della nuova società  che stava avanzando. E in particolare l’impegno anticipatore per liberare l’impegno
religioso dai compromessi con il potere politico, facendo spazio alla fede personale rispetto alle abitudini della cristianità  sociologica.
D- Avevate memoria della fondazione di GS nel 1946? e degli Studenti di ACI nel 1910?

R. Vi inviterei a rivedere le vostre date. A me risulta ( come emerge anche dalle carte pubblicate da Sartor) che fu solo alla fine del 1947, in una Due Giorni nazionale di Gioventù Studentesca,con la partecipazione di delegati di circa 40 diocesi,e sotto la presidenza di Carlo Carretto,che maturò la decisione di una nuova identità dell’apostolato studentesco. Mazzarrolli,che era presente a quell’incontro,tornò deciso a riformare
l’orientamento in diocesi,dove constatava con rammarico l’assoluta mancanza di un’organizzazione di
Gioventù Studentesca. Egli incontrò molte difficoltà  e resistenze prima di riuscire a realizzare l’impostazione perrami d’ambiente, incluso quello degli Studenti.

D. come racconterebbe ai msacchini di oggi le vicende Carretto e Rossi?
R. Ripeto quanto detto prima: il primato delle coscienze dei giovani rivolte a contribuire a una migliore presenza della Chiesa nel destino storico dell’umanità ,specialmente nel campo della cultura, sciogliendo i legacci con il potere politico,anche cattolico. Noi conoscemmo di persona Mario Rossi che nel 1953,volle venire a visitare la nostra Associazione a Possagno,in una delle ore più critiche e sofferte della
sua presidenza. Desiderava capire cosa pensassero i giovani cattolici di cui era il Presidente. Era uno che voleva confrontarsi direttamente. Negli anni dolorosi in cui si trovò a confliggere con la linea politica di Gedda, noi di Treviso decidemmo compatti di stare al suo fianco. Egli mi scrisse una lettera,che conservo tra i miei ricordi più cari,mettendomi in guardia dal pericolo di un ossequio interessato “dal potere politico alla religione” e incoraggiandomi a procedere nel lavoro per un modello di scuola “che forgia la personalità”. “Per questo -concludeva – la vostra testimonianza di un cristianesimo simpatico, sorridente, che impegna totalmente può creare i germi di piccole,provvidenziali rivoluzioni che oggi o domani si matureranno nel cuore dei vostri amici”.

D.- Lei è tra i maestri del giornalismo e dei vaticanisti. Quali insegnamenti ricevuti al MSAC le hanno fornito una guida per la sua professione?

R. Mi pare di poter dire senza tema di smentita che il titolo di “Chiare e Tonde” del mio primo giornalino in ciclostile, sia rimasto come ispirazione e letiv motiv costante della mia professione. Non ho mai rinunciato all’essenza etica del giornalismo,che è quella di fare domande e di non accontentarsi delle risposte,specie di quelle del potere.
D – Per la sua esperienza, come essere sale e lievito da cristiani nella scuola del XXI secolo?

R. Non sono io a dover rispondere. Il Papa e la Cei fanno benissimo a puntare sulla priorità dell’emergenza educativa, ma quante cose sarebbero diverse attualmente se alla nostra epoca i dirigenti della Chiesa avessero ascoltato e non rimosso le esigenze dei nostri studenti. Comunque, invito gli studenti del MSAC a
impegnarsi perché la scuola risponda alla qualità  delle esigenze della sua alta vocazione umanistica e si apra senza pregiudizi alle altre culture e religioni mondiali.