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Ricordi in… movimento!

venerdì, 5 febbraio 2010

Testimonianza di Stefano Padoan – Direttore Presenza & Dialogo Studenti e Collaboratore centrale Msac anni ‘90

Il mio primo approccio al Movimento Studenti? Tutta colpa di una suora!

Io non ho avuto la fortuna di vivere l’esperienza del MSAC come studente delle Scuole superiori: la prima volta che mi sono avvicinato al movimento ero già all’università e in Azione Cattolica facevo un po’ di tutto: il presidente parrocchiale, l’educatore di un gruppo Giovanissimi, nonché membro dell’èquipe e consigliere diocesano per il Settore Giovani.

Non è che avessi particolari doti o meriti: la diocesi di Frascati, di cui faccio parte,  era  – ed è – una realtà molto piccola e basta un poco di disponibilità e spirito di servizio per entrare nel novero dei responsabili.

Ed ecco che entra in ballo la suora. Di  lei ricordo il nome – suor Elena – e poco altro,  se non che  era arrivata da poco in diocesi e la sua congregazione l’aveva mandata a fare servizio in una  parrocchia con i giovanissimi che – a dire il vero – latitavano. Fu allora che ripescò dalla sua memoria, e probabilmente dalla sua esperienza passata,  questa particolare forma di evangelizzazione del Movimento studenti: il simile apostolo del simile, la pastorale d’ambiente, gli studenti annunciatori del Vangelo tra i loro compagni… in men che non si dica chiese al nostro presidente diocesano il permesso di iscriversi al prossimo Convegno nazionale  MSAC, portando con sé alcuni ragazzi in qualità di osservatori e, naturalmente, un responsabile del Settore Giovani per seguire la cosa un po’ più da vicino.

Fu così che, zaino in spalla, io, la suora e tre giovanissimi, ci trovammo a Roma alla Domus Pacis. Lo spettacolo fu incredibile e rovesciò da allora in poi il mio modo di intendere l’evangelizzazione: la sala era gremita di studenti delle scuole superiori che ascoltavano, chiedevano la parola, discutevano con i segretari nazionali – Giovanna Mignogna ed Enrico Pizzi – dimostrando  maturità, concretezza e consapevolezza negli interventi e nelle proposte. Il protagonismo dei giovanissimi che anch’io avevo tanto auspicato in passato,  trovava davanti ai miei occhi una realizzazione concreta, offrendomi un esempio di partecipazione, di impegno e di laicità.  Mi veniva mostrato uno stile per me assolutamente inedito di vivere l’Azione Cattolica, senza tradirne lo spirito di una virgola, anzi, capace di esaltarne le caratteristiche più profonde.

Per me fu una folgorazione perché capii che  quel tipo di proposta poteva essere affascinante, coinvolgente e capace di cambiare la vita anche ad alcuni adolescenti di mia conoscenza, che per i più svariati motivi, non avrebbero mai messo piede in parrocchia.

E così fu: la suora di lì a poco venne trasferita di nuovo ma io, pur mantenendo tutti gli altri impegni associativi, ho messo insieme uno strano, eterogeneo sgangherato, chiassoso, polemico ma incredibilmente entusiasta, gruppo di studenti con il quale ho costituito il primo nucleo del Movimento Studenti della diocesi di Frascati, che già dai primi mesi si è fatto notare per le attività più disparate: la preghiera degli studenti in cattedrale prima di recarsi a scuola,i volantini informativi sugli organi collegiali, la  promozione di convegni scolastici ed extrascolastici con il coinvolgimento dei loro compagni e dei loro insegnanti all’insegna del confronto e del dialogo, la realizzazione di un piccolo foglio di collegamento…

Di lì alla partecipazione ai campi nazionali il passo fu breve e fu l’inizio per me di un’esperienza indimenticabile, che nei mesi a seguire divenne ancora più coinvolgente quando mi fu fatta la proposta di una collaborazione al centro nazionale, in particolare come coordinatore della mitica rivista “P&D Studenti”. Iniziò un periodo denso di impegni, fatica, ma soprattutto di “servizio nella gioia”, impossibile da ripercorrere nel dettaglio, che ho avuto l’opportunità di condividere con persone straordinarie i cui volti, adesso mentre scrivo, si rincorrono e si moltiplicano come in un caleidoscopio:  don Mimmo, Giovanna, Luca, Marta, Carlo, Giandiego, Chiara…solo per citarne alcuni e senza parlare degli amici del Settore Giovani con i quali  poi è continuata  la mia esperienza nazionale, ma questa è un’altra storia.

Il tempo è passato: ora ho 39 anni, sono sposato con Stefania e papà di tre bambini ed insegno Lettere alla Scuola Secondaria di primo grado. Ma c’è qualcosa che sicuramente non è volato via insieme con gli anni: la necessità di continuare a testimoniare il Vangelo  negli ambienti di vita con uno stile di “presenza e dialogo”, la consapevolezza, come recitava il titolo di un convegno nazionale MSAC di essere “tessere di un infinito puzzle” in cui ciascuno, nella sua diversità può dare il suo contributo per la realizzazione del progetto di Dio.

Ed è rimasta la passione educativa che dà senso al mio lavoro, al mio impegno associativo, ma , soprattutto, alla mia esperienza  di genitore: mettere tutto me stesso  per “tirare fuori” dalle persone che mi sono state affidate il bello, il buono e il giusto che Dio ha posto in loro.

Stefano Padoan

Fare il giornale: un impegno comunitario

venerdì, 5 febbraio 2010

Testimonianza di Antonio Minasi – Coordinatore nazionale del CISS (CENTRO STAMPA STUDENTESCA DEL MSAC anni  ’60-’70)

Che grande stagione quella della stampa studentesca! È stato un continuo crescendo dagli anni ’50 fino al ’68. E sì, perché poi quello è stato l’anno fatale, quello delle occupazioni, dei cortei in piazza che esigevano interventi immediati, la parola dal vivo, spesso urlata, senza la mediazione della carta stampata.
Il giornale era stato all’inizio il mezzo più efficace per conquistarsi autonomia di discussione, d’incontro e confronto dentro e fuori la scuola. Si rivela lo sforzo dei giovani di essere presenti in modo originale nella realtà del tempo, dalle vicende della propria scuola agli avvenimenti del Paese e del mondo. E ciò senza toni moralistici o discorsi “barbosi”, ma con spigliatezza, spesso con sottile ironia.
Ma quali erano i temi più ricorrenti? La scuola – com’è naturale – è in prima fila. Se ne parla come della “grande ammalata”, si reclama urgentemente una riforma e da parte delle testate più mature si sottolinea che il rinnovamento non può essere miracolisticamente affidato alla modifica delle strutture, ma anche alla partecipazione più attiva e consapevole dello studente.
C’è poi un costante richiamo a riscoprire la propria vocazione, ad accettare lo studio come un lavoro proprio della giovinezza e non soltanto un mezzo per arraffare un “pezzo di carta”.
L’insegnamento scolastico è giudicato nozionistico, frammentario. I rapporti poi, con i professori, i programmi di studio, la collaborazione tra scuola e famiglia divengono oggetto di servizi, interviste, inchieste. Qualche giornale intraprendente riesce perfino ad intervistare il Ministro della P. I..
Insomma gli studenti non chiedono di studiare meno, ma di studiare meglio. Non chiedono una scuola facile, ma una scuola più funzionale, formatrice di personalità autentiche.
L’altro leit-motive è rappresentato da un costante esame che i giovani fanno di se stessi. Si guardano dentro, si scrutano, cercano di veder chiaro nelle proprie aspirazioni ed inquietudini; cercano di cogliere i valori propri della loro età. Capiscono che essere giovani non significa semplicemente un dato anagrafico sulla carta d’identità. Rivendicano proprie forme di autonomia, ma si riconoscono parte integrante della società in cui sono inseriti. Chiedono agli educatori di guidarli, ma senza imposizioni. Discutono dei rapporti tra ragazzi e ragazze e l’orizzonte s’allarga all’amore, alla famiglia di domani.
Ma se questi sono i temi dominanti, la prospettiva si estende altresì ai problemi ed alle vicende del proprio tempo: la fame, la pace, i paesi in via di sviluppo, l’unità dell’Europa, le conquiste spaziali, la civiltà delle macchine. Non c’è fatto, avvenimento, che non trovi un’eco sulle pagine del giornale degli studenti.
In questa funzione di presa di coscienza dei problemi fondamentali del mondo contemporaneo, la stampa studentesca si è rivelata strumento validissimo d’integrazione dell’insegnamento scolastico, ma anche di crescita personale di ciascun redattore. Perché “fare il giornale” significa impegno comunitario, civile confronto d’opinioni, occasione di dialogo all’interno della redazione e di questa con l’ambiente scolastico. L’idea-guida che si afferma in questi anni è, infatti, proprio quella della redazione come esperienza di vita comunitaria. Ed in questa prospettiva l’esperienza del CISS affianca saldamente il progetto pedagogico-educativo del Movimento Studenti di AC. Fino a quando una riflessione rigorosa  sulla necessità di restituire l’Azione Cattolica ad un ambito squisitamente religioso, spinge il CISS fuori dell’organizzazione, conferendogli una autonomia che però si dimostrerà presto molto fragile. Il sopraggiungere del
’68 chiude definitivamente l’esperienza del CISS e della stampa studentesca.

…il Msac è il Msac, nulla di più nulla di meno…

venerdì, 5 febbraio 2010

Testimonianza di Manuela Càrastro del Msac di Reggio Calabria anni ‘90

Il MSAC era una questione di famiglia, non solo perché da sorella minore ero sempre la ruota del carro che solcava la strada già percorsa dal fratello maggiore (segretario diocesano, incaricato regionale e poi segretario nazionale per ben due lunghissimi mandati), ma perché da noi a Reggio, il MSAC per tutti noi figli di cattolici impegnati era la diretta emanazione di servizio, presenza e voce nel mondo della scuola.
Il MEIC dei nostri genitori era per noi il MSAC, con in più una forte dose di emancipazione e di sfida verso l’apatia che respiravamo nelle nostre classi. Il MSAC quindi come presenza e dialogo, come consulta, come movimento, come testimonianza e come identità, a 14anni un modo di essere protagonisti e contestatori a volte.
Degli anni di movimento, mi ricordo benissimo la gioia del comunicare ciò in cui credevi e la responsabilità nel testimoniare con chi più piccolo di te, vedeva in te una guida. Il distacco andando fuori all’università è stato forse anche più grande proprio perché era anche il distacco dall’impegno che poi senza più MSAC non ho più provato. Come dimenticare, anche le rivalità non dette con FUCI e Settore Giovani, le lunghe ore di consigli diocesani e le sfuriate con chi ci considerava vicini a CL o a Opus Dei… il MSAC è il MSAC nulla di più nulla di meno: una vita spesa per rendere la scuola una cosa tua e non un posto in cui andare.

Manuela carastro