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Un movimento in bicicletta… e ad alta velocità

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Gianni Saonara, msacchino di padova e presidente diocesano

Qualche sera fa ho rivisto una delle partecipanti ad una lontana gita in bicicletta del MSAC. Forse gita è una definizione impegnativa. In realtà si andava da Padova ai Colli Euganei, probabilmente per qualche incontro di formazione e spiritualità. I ricordi potrebbero fermarsi qui, in un indefinito tempo di fine anni ’70, era certo di maggio…e i pensieri, in Italia e anche nella nostra città, non erano solo leggeri, anzi.

Tuttavia il flash back si sofferma su un particolare: ovvero la persona che ho rivisto si attardava, e molto, in coda al gruppo. E, da bravo segretario aggiunto, io tornavo una, due, tre volte a cercarla, con zelo giovanile e impazienza per l’orario concordato, il programma da rispettare, forse l’assistente impensierito, altri che sbuffavano, o correvano sin troppo, pensando già al ritorno….

Si attardava, ma non era sola: erano in due, a volte in tre, e parlavano così fitto da dimenticare i pedali e, forse, anche la meta, gli orari, il gruppo…mi sembrava, allora, uno stile piuttosto personalizzato di intendere le cose. Ma, poi, la storia sarebbe andata diversamente. Le due amiche hanno avuto esiti davvero diversi, e per una di loro il male è arrivato molto presto, non invitato e non evitabile.

Chissà se quel giorno…è un gomitolo di pensieri che si snoda : l’AC è sempre storia di incontri, persone, volti, relazioni. Ma anche esperienza di velocità diverse, sensibilità differenziate, cammini non  ben sintonizzati, spazi discordanti, intenzioni che si incrociano appena, percorsi che si sfiorano…altri soggetti ecclesiali hanno volutamente ritmi quadrati, esitazioni zero (forse), volontà definite.

La nostra associazione ha altri profili. Ricordo certo, proprio in quegli anni, anche cocciute riscritture di regolamenti …ma il cuore era altrove : nella dignità e originalità di ogni persona, nella sua impossibile omologazione, nella libertà di impegno e disponibilità, a gradi diversi certo e con talenti che si dispiegavano comprensibili solo in parte agli occhi anche delle comunità.

Ci sono tanti libri che spiegano quegli anni complessi e ad essi rinvio volentieri : per molte ragioni, pur essendo stato poi – dal 1986 al 1995 – presidente diocesano di una grande AC ( ma i meriti erano tutti in chi aveva costruito nei decenni precedenti…) , non voglio qui tracciare alcuna mappa delle grandi categorie interpretative : laicità e  laicato, ecclesialità e pastoralità,  radicamento territoriale e presenza discreta negli ambienti (come la scuola, di quegli anni…),  fatiche a reinterpretarsi in quanto associazione “storica” rispetto ai nascenti movimenti (fatiche che a Padova si udivano meno che altrove, ma bastava qualche incontro regionale e nazionale per porsi tante domande…) . No: mi limito a ricordare un’episodio,  una gita lontana.

Le diverse velocità oggi mi sembrano rivelare uno stile: fatto di attese, rispetto, mitezza. So bene che quelle esitazioni, quei ritardi erano legati all’amicizia che faceva attardare…e penso di aver detto, quella mattina, e anche in tanti altri momenti che le esitazioni mettevano in difficoltà il movimento…anzi il Movimento.

Ma mi sbagliavo : il Movimento era anche questo. Uno spazio paziente, fatto di intese forti ma anche percorsi leggeri, disponibilità ampie ma anche qualche giro di chitarra, e poco più…eppure donato, lì e allora, e per tutti.

Quando oggi sfioro il Msaccario che porta a casa mio figlio – ovvero la raccolta  degli indirizzi e delle connessioni mobili dei ragazzi e delle ragazze del MSAC di Padova – ritrovo le scuole, qualche cognome noto, qualche filo (non file) di memoria, qualche simbolo non tramontato. Ma, soprattutto, la lista e le firme degli educatori. E dell’assistente. E l’indicazione della sede. Da dove, come sempre, si arriva e si riparte, nella quotidianità della Gaudium et Spes che ci indicava sempre il nostro Don “ Le gioie e le speranze , le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto…sono pure le gioie e le speranze dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

Anche in fondo alla fila…ancor prima della salita.

Appunto.

A noi è andata bene

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Luciano Corradini – Educatore, insegnante, pedagogista

Avendo pubblicato di recente un diario, mi permetto di sintetizzare le informazioni che mi riguardano, ricavandole dalla copertina del libro A noi è andata bene. Famiglia, scuola, università, società in un diario trentennale. Città aperta Edizioni, Troina (EN), 2008
C’è anche la presentazione del mio vescovo, Luciano Monari, che mi dà la patente di “testimone”, perché mi è capitato di continuare nell’età adulta e nella vecchiaia (sì, si dice così) quel mondo di sogni e di progetti che ho vissuto da studente del liceo di Reggio Emilia, che frequentava la GIAC, in parrocchia, a livello diocesano e, a livello nazionale, nei campi scuola del Falzarego, con Giorgio Patorie Gianni Vattimo, e della Mendola (dove ascoltai una relazione del giovane Umberto Eco e una di Mario Rossi) e di Roma. Conservo alcuni quaderni contenenti le “pagine attive” scritte in montagna come ripensamento delle relazioni ascoltate, e una copia del giornalino del Movimento Studenti di azione cattolica, che faceva la cronaca di un incontro tenutosi alla Domus Pacis, nell’ottobre 1954, con inaugurazione in Campidoglio, essendo relatori il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Oscar Luigi Scalfaro, il presidente Piersanti Mattarella, e il presidente della GIAC Alvise Cherubini, il presidente dell’UCIIM Gesualdo Nosengo, il ministro Giuseppe Ermini, don Giuseppe Nebiolo, Mons. Federico Sargolini. Scalfaro e Nosengo ci dissero in sostanza che dovevamo impegnarci nello studio, nella ricerca della verità, per aiutare la scuola a realizzare la sua finalità di formazione: non tanto impegnarci a portare i nostri compagni in parrocchia, quanto a dare una mano alla scuola perché questa diventasse veramente educativa. Eravamo in 400, tutti in giacca e cravatte, anche se non erano tutte …di sartoria!
Nel 1993, da vicepresidente del Consiglio nazionale della pubblica istruzione andai al Quirinale, ad accompagnare i 400 studenti del Progetto Giovani ’93. E chi ti trovo? Oscar Luigi Scalfaro, presidente della Repubblica, col suo fiammante distintivo di azione cattolica. Gli ho portato una fotocopia del giornalino con le nostre foto, dicendogli che fra i giovani di allora c’ero anch’io, che non avevo dimenticato la sua lezione, tanto è vero che portavo a lui 400 studenti “italiani”.
Dopo la maturità andai in Cattolica, a Milano, nel Collegio Augustinianum, con Polo e Romano Prodi, Tiziano Treu e altri cari amici, con i quali avremmo poi fatto partire un’Associazione antichi studenti dell’Augustinianum. Finito questo periodo difficile ma esaltante, convolai a giuste nozze con Maria Bona Bonomelli. La Curia di reggio Emilia mi rilasciò il documento per il parroco di Valle di Saviore, dove celebrammo il matrimonio. Era scritto in latino. Diceva in sostanza che ero stato un bravo ragazzo, potendo testimoniare però solo fino al tempo del liceo: “Excepto tempore quo, ratione studiorum, Mediolanum migravit”.
Ho cominciato ad insegnare nei collegi arcivescovili di Cantù e di Tradate, poi a Reggio Emilia, dove ho vissuto i formidabili anni ’60 con l’ipotesi della “città educativa”, con colleghi UCIIM e con l’associazione Unione Studenti Medi, che ho contribuito a far nascere con Pierluigi Castagnetti e con la benedizione dei due Dossetti: avevano come ideali e strumenti di lavoro la Costituzione e il Concilio. Con i tre figli ci siamo trasferiti prima a Brescia, per gli anni ’70, poi a Milano negli anni ’80, a Roma negli anni ’90, e dopo il 2000 sono tornato a Brescia, dove ho nei paraggi dieci nipoti.
Andato in pensione dall’Università e lasciate le presidenze di tre associazioni, continuo a lavorare, guarda caso, anche nel Ministero della PI, tornando nei luoghi del “delitto”, dove avevo incontrato alcuni formidabili msacchini, come quelli che mi hanno estorto queste note. E con stupore e meraviglia mi è stato proposto di occuparmi della sperimentazione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione: un tema che da mezzo secolo sto inseguendo, come se l’educazione civica (questo il nome della babipensionata) fosse una farfalla capricciosa, che attrae e poi sfugge.
Il resto lo affido alla copertina del libro-diario. E’ una pubblicità sconveniente? Può darsi. Ma io non ho mai privilegiato la privacy nei confronti della vita in associazione e nelle istituzioni. Ho vissuto le une e le altre vissute con fatica, con rispetto e con amicizia: e alla fine con una gioia di cui ringrazio il Signore e chi ha condiviso questa avventura, sperando che il contagio intergenerazionale funzioni ancora..

Combattere per le proprie idee

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Roberto Serrago al Msac di Cosenza tra anni ‘80 e ‘90

Cosa è stato per me il Msac? Beh, non saprei neanche da che parte iniziare, tante sono le cose che mi vengono in mente, sicuramente è stata una parte importante della mia vita dai 15 ai 20 anni; mi ha aiutato a crescere e a maturare, a confrontarmi con gli altri ma soprattutto mi ha insegnato che bisogna combattere per le proprie idee e che bisogna essere d’aiuto al prossimo; questa cultura ora mi segue nel mondo del lavoro e nella realtà in cui lavoro (nel mondo penitenziario) fatta di sofferenza e di casi umani,   mi rendo conto che una parola detta al modo giusto e al momento giusto è più importante di 1000 altre cose: ecco credo di portare la mia mentalità nel mio essere quotidiano.