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Io che ai prof dicevo che non ero d’accordo…

mercoledì, 19 maggio 2010

Testimonianza di mons. Antonio Cecconi, MSAC Pisa anni ‘60

Ricordi sparsi sul Movimento Studenti

Erano i tempi della V Ginnasio al “Galilei” di Pisa, sezione B, insegnante di lettere – Dio l’abbia in gloria! – che quasi riempiva la vita degli alunni di greco latino italiano ecc. ecc. Non dico turbasse i nostri sonni, ma poco ci mancava. Andavo con regolarità in parrocchia, con un parroco zelante, le suore e tutto quello che poteva esserci in un piccolo paese di campagna, con una visione di chiesa che non si allargava molto oltre l’ombra del campanile. Il Movimento Studenti, prima al Ginnasio e poi al Liceo, fu per me un’occasione di riflettere sulla fede, di impegnarmi e di allargare le vedute, un modo più ampio e nuovo di considerare la chiesa e la vita di fede, di conoscere persone nuove, interessanti, più grandi di me e impegnate nel Movimento e non solo: Tutto questo aiutava a crescere… anche grazie all’incontro e alla frequentazione del prete con cui poi avrei maturato la mia vocazione.

Era anche un modo di esporsi, ricordo che una mattina facevo il volantinaggio all’ingresso della scuola per un’iniziativa del Movimento e subito dopo, appena entrato in classe, la prof –avevo dato anche a lei il volantino – mi interrogò a greco. Quasi una sfida, un tentativo di punizione che però, se fosse andato bene, sarebbe stato un punto a mio favore, mostrare che studiare era compatibile con una cosa “altra” dalla scuola; e me la cavai.

L’anno dopo, al Liceo, un professore che faceva professione di agnosticismo ci disse che la parola latina religio si poteva anche tradurre superstizione. Non riuscii a trattenermi dall’alzare la mano e dire che non ero d’accordo, io andavo in chiesa ma non ero e non mi sentivo superstizioso, chiedevo rispetto per le mie convinzioni.

Ricordo la prima volta che partecipai a un convegno nazionale alla Domus Pacis, mi pare fosse il ’67. Partimmo da Pisa col treno io e Claudio Masini, amico di una vita anche nel ministero sacerdotale; al di là del contenuto delle relazioni che ascoltavamo prendendo diligentemente appunti, fu un’esperienza entusiasmante stare insieme con tanti giovani, sia per i lavori del convegno che per una serata in piazza Navona dove facemmo un grande girotondo. Anche questo serviva a crescere, a legarsi alle persone e a un progetto di chiesa. Da uno dei convegni a cui partecipai, tornai a casa con un librone alto così: conteneva tutti i documenti del Vaticano II editi dall’AVE. Magari non ce ne accorgevamo, ma eravamo davvero parte di una chiesa in cammino.

A un certo punto, durante il Liceo, mi fu chiesto di occuparmi, sempre nell’ambito dell’AC diocesana, del movimento Aspiranti (che stava per diventare l’ACR). Però grazie ai quotidiani contatti scolastici continuavo a tenere i contatti e a fare qual che potevo anche col Mov. Studenti.

Erano gli anni della contestazione, della richiesta di libertà di assemblea nelle scuole. L’università di Pisa era all’avanguardia e il fervore si propagava sugli studenti delle medie superiori. Nei momenti caldi del ‘68/69, alcuni di noi tentarono di essere la “componente cattolica” di un moto che poi diventò scomposto e anche assai peggio. Nonostante molte tristi derive, io conservo vivo il ricordo, condiviso con molti compagni di scuola e amici di passioni civili, di un anelito di giustizia, pace e solidarietà. Non a senso unico, tant’è che riuscimmo a organizzare una bella manifestazione di solidarietà con la Cecoslovacchia invasa da carri armati sovietici.

A tanti anni di distanza, la memoria di quei giorni non è solo nostalgia, ma anche umile convinzione che le nostre vite sono state guidate e protette per continuare a crescere nella fedeltà al Vangelo e alla storia, attraverso la testimonianza e il servizio concreto alle persone, dentro e fuori i confini della chiesa visibile.

Don Antonio Cecconi – Vicario generale di Pisa e parroco di Calci

Gli anni del MSAC femminile

martedì, 18 maggio 2010

INTERVISTA DI GIANDIEGO CARASTRO ALLA PROFESSORESSA ANGELA MARIA LA PORTA, delegata nazionale studenti per la GF anni ‘50

DOMANDA

Buona giornata, professoressa. Le porto i saluti di Saretta Marotta, siciliana come lei, attuale segretaria nazionale del Movimento. Cosa ricorda dei suoi anni nel MSAC femminile?

RISPOSTA

Ricordo con piacere gli anni dell’impegno nel Movimento Studenti femminile. Negli anni ’50, all’interno del Consiglio della Gioventù Femminile, nacque la sensibilità di rivolgersi alle studentesse con una attenzione peculiare, così come si faceva per le lavoratrici, le rurali. Io fui chiamata ad impostare il Movimento studenti femminile. Il Movimento studenti femminile era saldamente inserito nella Gioventù femminile.

La sede nazionale era presso la Domus Mariae.

DOMANDA

Chiara Lubich faceva parte del Movimento Studenti di Trento a fine anni 30. Avevate memoria di questo dato?

RISPOSTA

No. All’epoca non si conosceva ancora molto il carisma di Chiara Lubich.

DOMANDA

Don Giussani nel 1954 viene nominato assistente femminile del MSAC di Milano. Avevate memoria di questo dato?

RISPOSTA

No. Non avevamo legami con don Giussani.

DOMANDA

Quale era il metodo del vostro lavoro? Ricorda il nome di altre studentesse che lavorano con lei.

RISPOSTA

Eravamo legati al metodo della Revisione di Vita. Poi, quando era necessario, andavo anche ai convegni organizzati dalle diocesi. E’ passato così tanto tempo che non ricordo le località e i temi. Me ne scuso.

DOMANDA

Non si preoccupi. Cosa ricorda dell’impegno delle studentesse per la riforma della scuola?

RISPOSTA

Ricordo che lavoravamo gomito a gomito con l’UCIIIM e con il prof. Gesualdo Nosengo. Il lavoro comune non impediva di avere posizioni distinte, ad esempio, sulla questione se il Latino dovesse rimanere materia obbligatoria oppure essere trasformate in facoltativa.

DOMANDA

Livio Pescia, Emilio Butturini ricordano che negli anni 60 iniziavano i percorsi comuni tra studenti e studentesse di ACI.

RISPOSTA

Esattamente. Il Movimento femminile che ho frequentato io era distinto dal ramo maschile e si lavorava insieme a livello di ufficio centrale , ma le riunioni nelle diocesi erano distinte per sesso. Ricordo i nomi di Camillo Moser, Amedeo Postiglione di Salerno, Livio Pescia, Emilio Butturini.

DOMANDA

Lei ha insegnato tanti anni a Roma, come docente di Italiano e Storia all’ITC Alberto Ceccherelli. Cosa le ha insegnato il MSAC?

RISPOSTA

Devo molto all’impegno apostolico del MSAC, che era moralmente fondato nella spiritualità dell’Azione Cattolica.

17 maggio 2010

Da Trieste a Ragusa, il movimento che unisce l’Italia

lunedì, 17 maggio 2010

Testimonianza di Andrea Dessardo, segretario msac di Trieste 2002-2005

Il mio incontro col Msac di Trieste fu favorito – incredibilmente – dall’incontro con un prete del profondo Sud, Otranto: si trattava di don Lucio Greco, allora assistente nazionale, che gli incaricati diocesani (l’ultimo congresso era andato deserto) avevano invitato per tentare il rilancio del Movimento, dopo un periodo di crisi. Lella infatti lo aveva lasciato quell’anno, credendo di trasferirsi per l’Università. Per fortuna tornò l’anno successivo e fu così che, con lei, divenni segretario, non prima d’aver preso però parte alla prima SFS della storia, quella di Roma nel 2001.

Il particolare che ricordo con maggior nitidezza di quella SFS è la prima persona cui mi sono presentato, seduta accanto a me ad uno dei workshop; una che avrebbe fatto carriera e già si vedeva, Saretta Marotta. Ma non dimentico nemmeno l’allegro bombardamento di e-mail di Laura Monti. La SFS fu comunque una pietra miliare anche e soprattutto per la mia appartenenza all’Azione Cattolica: là vidi che cos’era davvero l’associazione, di cos’era capace, perché prima ne avevo una pallida idea un po’ sfocata, percepita da molto lontano, attraverso le riviste che arrivavano puntualmente in ritardo, e dai soldi che dovevo cacciare per la tessera a dicembre.

L’aver incontrato il Msac rispose ad un mio radicato desiderio di darmi da fare nella scuola, da adolescente cattolico in cerca di conferme. Il richiamo all’impegno parapolitico c’era sempre stato in me, ma non avevo mai saputo come e dove indirizzarlo. Iniziai così nel Msac: dopo un anno ero già segretario, per quanto sentissi il peso della mia inadeguatezza; una scelta obbligata perché eravamo così pochi e sfiduciati che il congresso si risolse in un accordo tra gentiluomini.

Il Movimento era quello di cui avevo bisogno: di sentirmi impegnato, di avere un’identità, di pensare e agire da cristiano. Restai segretario dal 2002 al 2004. Quell’esperienza mi aprì le porte della Chiesa, di cui cominciai a percepire il respiro, con la partecipazione ai campi nazionali, ai seminari, alla SFS del 2004. Iniziai a render conto di quanto facevamo come Msac al settimanale diocesano, che nel 2003 mi propose di entrare come effettivo nella redazione. E così il Msac mi ha dato, in qualche maniera, anche una chiave professionale, il giornalismo infatti è una passione che mi accompagna ancor oggi; e la mia tesi di laurea l’ho scritta proprio sul settimanale di Trieste, “Vita Nuova”…

Dopo il triennio da segretario, mi candidai al consiglio diocesano; fui eletto e oggi sto concludendo il mio triennio da vicepresidente per il Settore Giovani. Grazie a Giovanni Grandi, allora coordinatore della redazione, sono diventato segretario di “Dialoghi”.

Il Msac ha fatto maturare in me anche la già presente sensibilità politica, indicandomi, oltre agli ideali, ai valori e al metodo democratico, anche dei modelli umani cui ispirarmi. Ho iniziato attaccando manifesti durante la campagna elettorale per le europee del 2004, e nel 2006 sono stato eletto consigliere circoscrizionale. Per il momento può bastare.

Quando l’attuale segretario diocesano, Stefano Dalla Mora, ogni tanto si lamenta per come va il Msac, del suo irrisolto rapporto col Settore, della difficoltà a mettere insieme degli adolescenti… lo capisco, anche se non so come aiutarlo. E ammiro la sua volontà di andare sempre avanti.