Testimonianza di Francesco Ghedini segretario msac di Padova dal 1974 al 1978.
Per i cento anni del Movimento studenti di Ac volentieri ripenso a quanto a suo tempo ho imparato. Mi sono avvicinato al gruppo padovano del Msac a un campo scuola estivo, su consiglio della mia docente di greco, Paola Sommer, e assieme ad un amico e compagno di classe, Antonio Da Re. Poi la frequenza agli incontri di approfondimento, di formazione, di preghiera, non solo per i ragazzi del Movimento, ma proposti anche agli studenti dei vari Istituti scolastici; così ad esempio certi incontri di preghiera prima delle lezioni – veniva anche qualche prof – o nelle festività religiose… ecc. C’erano i momenti forti, i campi scuola in cui ci si caricava, le gran partite a calcio tra vecchi e nuovi del movimento, coi vecchi che non superavano i diciotto o diciannove anni; ci si divertiva a stare insieme (ho ancora le foto di qualche gita, o di qualche festa in maschera, per carnevale) ma poi c’era il lavoro feriale, in cui si faticava (che gruppi di studio sui documenti conciliari!), si imparava a “metterci la faccia”, cercando di vivere “da cristiani” (ma ragazzi di quindici, sedici, diciassette anni !) nella scuola. C’era un assistente tosto, don Giorgio Bernardin, che teneva sotto controllo i “responsabili di istituto” ricordandoci instancabilmente che, dopo che si è parlato e ci si è scambiati le idee, ci vuole sempre qualcuno che, comunque, tira la carretta. Lui parlava provocando di “democrazia pilotata”, ma, negli anni in cui fui segretario diocesano con la carissima Roberta Bruni (nominati dopo la fine del mandato di Angioletta Gui e Umberto Folena, chiamato a fare il segretario nazionale Msac), fu di una discrezione assoluta, lasciandoci la più completa autonomia di lavoro e di decisione.
Mi è piaciuto del Movimento il fatto che ci ha dato modo di non restare cristiani di quelli che fuori dalla parrocchia non se ne accorge nessuno; mi è piaciuto allo stesso modo però il fatto che non si è proposto come comunità alternativa alle parrocchie e, soprattutto, che ci ha insegnato a non confondere la fede con le nostre scelte concrete, particolari, confermandosi, nel solco dell’Ac di quei tempi, una scuola di laicità. Erano gli anni delle prime elezioni scolatiche, dei decreti delegati e si richiedeva una rappresentanza studentesca. Allora, nelle nostre scuole, ad avere gruppi organizzati erano solo i “fasci” e i “rossi”. Noi però non ci buttammo a fare la lista cattolica (ci pensarono altri soggetti, allora, quanto a risultati, meno popolari di oggi), ma mettemmo in piedi, con altri non del Movimento, un raggruppamento laico, e con pazienza e impegno (volantinaggi, cartelloni affissi sugli spazi messi a disposizione nella scuola, manifestazioni, riunioni di studio ecc. ecc.), riuscimmo a far convergere sulle nostre posizioni (che non andavano magari bene a tutti i cattolici, ma a tanti sì) una buona fetta di studenti, in molti istituti padovani la maggioranza relativa.
Avevamo imparato a fare i conti con “una maniera esigente di vivere la carità”: lasciandoci impegnare dal Vangelo (il nostro tempo, le nostre energie, la nostra credibilità) ma senza impegnarlo in scelte che, soprattutto nella sfera politica, sono sempre parziali e provvisorie. Qualcuno si defilò dall’impegno in prima persona nel Movimento, molti non si impegnarono nel gruppo politico: non ci furono in tutti i casi le pacchiane strumentalizzazioni che ancor oggi capita di vedere, anche autorevolmente sponsorizzate.
Un’altra cosa bella: nel Movimento si poteva imparare a essere protagonisti senza (eccessivi) protagonismi, facendo la propria parte di lavoro per il tempo giusto e lasciando poi ad altri la propria parte di fatica e di responsabilità.
Ho lasciato da più di trent’anni l’impegno nel Movimento. Sono rimasto nel mondo della scuola (prof. di filo), ma sono contento di concludere questa modesta memoria segnalando che… anche mio figlio Giacomo è parte del gruppo Msac di Padova, e sarà alla festa del centenario.
GRANDE CHECCO !