Testimonianza di Paola Sommer, delegata nazionale GF per il settore studentesco dal ‘67 al ‘70
Dal 1967 al 1970 mi trasferii a Roma, al centro nazionale di quella che allora era la Gioventù Femminile di ACI. Fui “nominata” (a quei tempi era così!) vice di Maria Leonardi, veneziana, allora presidente della GF e tuttora mia cara amica (è stata anche testimone al mio matrimonio). L’incarico di vicepresidente mi permise di conoscere persone indimenticabili, come l’assistente generale mons. Costa e il presidente Bachelet, e di partecipare alla sofferta elaborazione del nuovo statuto dell’ACI (1969).
Tuttavia da subito fui prevalentemente coinvolta nel lavoro dell’ufficio studenti. Come segretaria succedevo ad Angela Maria La Porta, che per molti anni era stata delegata nazionale GF per il settore studentesco. Il movimento studenti gieffino era nato da poco, ma era stato preparato dall’impegno di tante “delegate” diocesane, regionali e nazionali, che avevano animato e coordinato le esperienze di diversi gruppi.
Io stessa, nella diocesi di Padova dove ho sempre abitato a parte il triennio romano, dal 1963 al ’66 avevo sollecitato la nascita di gruppi che ancora si chiamavano GS e si riunivano negli incontri di “raggio”. Padova aveva la fortuna di ospitare due “periti” che collaborarono intensamente alla stesura dei documenti del Vaticano II: il teologo ed ecumenista mons. Luigi Sartori, professore al seminario, e il liturgista dom Pelagio Visentin, monaco dell’abbazia benedettina di Praglia. Noi della GF li incontravamo abbastanza spesso: le loro relazioni ci facevano respirare a pieni polmoni il fresco vento conciliare. E non posso dimenticare la mattina dell’ 8 dicembre 1965, quando, riunite in centro diocesano, davanti alla TV assistemmo alla chiusura del concilio e ascoltammo Paolo VI che, tra i vari “messaggi”, lesse anche quelli rivolti alle donne e ai giovani.
Gli anni di Roma furono importanti, ricchi e insieme difficili. La protesta nelle università e nelle scuole creò anche tra noi tensioni e lacerazioni, sul piano sia personale che associativo. Emblematico della complessità del momento fu il convegno nazionale del ’68. Lo preparammo discutendo la situazione del mondo studentesco anche con il futuro cardinale Carlo Maria Martini, allora rettore del Pontificio Istituto Biblico, che poi introdusse i lavori con una meravigliosa relazione sulla testimonianza cristiana. Le altre giornate però furono alquanto movimentate e complicate: alcuni responsabili diocesani, venuti a Roma partendo direttamente dalle università che stavano occupando, ci consideravano come parte del “sistema” che era completamente da cambiare e non erano certo disposti a ragionare con noi di vita di gruppo e di pastorale d’ambiente. Chiacchierando con me, un universitario di Torino disse che non ero poi così stupida come facevano supporre i miei interventi ufficiali al microfono: questi infatti erano stati per lui un cumulo di insulsaggini e di banalità borghesi.
In quegli anni erano frequenti gli scontri e le incomprensioni specialmente con certi responsabili delle regioni settentrionali: i più preparati avrebbero voluto che il centro nazionale premesse l’acceleratore sul versante sia biblico-teologico che sociale e politico. Alcuni (erano di Trieste, di Verona, di Genova, di Bologna…) sono poi diventati cari amici e si sono lasciati coinvolgere volentieri nella preparazione e anche nella realizzazione di vari incontri. Meno difficile era il rapporto con i gruppi del Sud che, provenendo spesso da diocesi piccole (non era stata ancora razionalizzata la loro distribuzione!), trovavano nelle nostre proposte insostituibili occasioni di aggiornamento ecclesiale, culturale e civile.
Mi sembra significativo un altro episodio di quel periodo. A un incontro di studio organizzato negli ultimi mesi del ’68 partecipò inaspettatamente un rappresentante della GS milanese (forse il suo cognome era Colombo). Paolo Cosci e io sperammo fosse l’inizio di un riavvicinamento a quei gruppi che da molti anni avevano tagliato ogni legame con l’ACI. Ma qualcuno che conosceva bene il mondo giessino distrusse la nostra illusione: GS di Milano poteva aderire alle proposte del centro nazionale solo strumentalmente, per ottenere un “riconoscimento” che compensasse l’attuale emorragia di adesioni e aiutasse a ricucire i rapporti fortemente incrinati con il cardinale, anche lui Colombo di cognome.
L’anno dopo la grossa crisi di GS nacque CL. E, ancora sperando in qualche forma di collaborazione, mi recai a Rimini a un convegno del neonato movimento. Ero con Marcello Callari, siracusano, membro dell’ufficio studenti della GIAC. A Rimini assistemmo a una lezione per gli studenti. Si scriveva alla lavagna “Gesù”, poi “Chiesa” e infine “gruppo di CL”. Due frecce collegavano direttamente Gesù alla Chiesa e la Chiesa al gruppo di CL. Lo schema mostrava che solo nel gruppo ciellino si fa esperienza di Chiesa e si incontra Gesù. Ne fu sconvolto anche Marcello, che allora provava una certa simpatia per la proposta, prima giessina e poi ciellina, di un’integrale vita cristiana.
Nell’agosto ’68 e nell’agosto ’69 organizzammo due campi-scuola per responsabili diocesani, al passo Falzarego e ad Auronzo di Cadore: mi pare fossero i primi campi-scuola nazionali incentrati sulla lettura della Bibbia e i primi “misti”, cioè frequentati da ragazzi e ragazze insieme. Nell’affrontare gli impegnativi argomenti che avevamo fissato avemmo come guida don Gianluigi Prato (per noi “Gigi”), allora allievo di Carlo Maria Martini e oggi uno dei più competenti veterotestamentaristi italiani. In quelle giornate si radicò profondamente in molti di noi quell’amore per la Parola di Dio che, come “luce ai nostri passi”, ci guida nel cammino della vita.