Simone Guerrini Msac Pisa anni 70
Il Msac è stato come un inizio. Sì si andava in Chiesa la Domenica ma, fino a quel momento, vivevo una religiosità elementare costruita attorno alle tappe canoniche guidate più dalla famiglia che da una partecipazione personale intensa. Era la fine degli anni 70; la prima svolta scolastica dalle scuole medie inferiori a quelle superiori e sempre su invito di amici dei miei, timido e perplesso, fui invitato ad una serata dal MSAC pisano, vera fucina di pensiero e di azione evangelizzatrice.
Rimasi colpito dalla voglia di capire, dalla curiosità di porsi domande e andai al mio primo Campo Scuola. Fu una scoperta eccezionale in positivo ed in negativo. Si affrontavano tematiche difficili per un ragazzino di 14 anni che, fino allora, aveva visto più le palestre di basket che i documenti del Concilio. Ma al di là della provocazione intellettuale che, specie in quegli anni, dominava le nostre riflessioni apprezzavo molto la voglia di vivere un’esperienza religiosa consapevole, il desiderio di annunciare una “novità” e di farlo nel mondo della scuola senza pretese esclusiviste senza tracotanza ma per essere sale del mondo. Insomma uno choc che ha generato una volontà, poi mai sopita, di uscire da una dimensione intimistica della propria fede per aprirsi al mondo. Ecco credo che il Msac mi abbia profondamente modificato rendendomi consapevole che un dono ricevuto doveva produrre frutti.
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Da quella prima esperienza è nata la mia predilezione per il versante socio politico. Altri ho visto hanno ricordato i convegni ecclesiali di evangelizzazione e promozione umana pietre miliari per la mia formazione religiosa ed umana così come le prime esperienze degli organi collegiali luoghi di impegno e di confronto non solo politico ma anche valoriale. Nascono i nostri primi dibattiti sulla distinzione tra fede e politica che non è mai separazione e cresce la volontà di non arrendersi di fronte alla violenza brigatista e stragista della fine degli anni settanta. Le liste studentesche e le assemblee infuocate generavano la tentazione di reciproche chiusure che proprio la formazione del Msac mi aiutavano a comprendere fossero inadeguate e così, distinguendo l’impegno politico dalle attività del Msac, molti di noi iniziarono esperienze di partecipazione che allora definivamo “prepolitiche”. Queste ultime hanno segnato, in modo permanente, la mia formazione ed il mio impegno che si è poi tradotto in militanza politica giovanile fino ai vertici del Movimento Giovanile della Dc di cui fui delegato Nazionale dal 1988 al 1992. Anche oggi nella mia vita professionale di dirigente di azienda, di padre di due splendidi figli e di marito cerco, con alterne fortune, di ricordare che esiste una dimensione necessariamente sociale della propria fede che nella distinzione dei piani e dei ruoli, non può essere trascurata se si vuole vivere una pienezza di vita.
Quali insegnamenti?
Direi che la fede non può essere vissuta in una dimensione meramente utilitarista ed intimistica ma di dedizione al prossimo vicino e lontano. Secondo che pur nello scontro e nel confronto politico non si può tacere la verità e che la mediazione politica, pur necessaria, non può essere il fine dell’azione politica che infine l’attenzione agli “ultimi”mai così poco di moda nell’attuale fase del tutto è spettacolo e tutto deve essere protervia di ricchezza e potere è il faro dell’azione politica. Infine che la fede è un cammino che richiede continui arricchimenti. Spesso invece travolti dalla quotidianità rischiamo di farla appassire. Grazie allora per avermi dato la possibilità di un ricordo che è anche un nuovo inizio.