Testimonianza di Carlo Cananzi - Segretario diocesano e Consultore nazionale Msac dal 1991 al 1998
La serena accettazione di essere minoranza richiede, anzitutto, che si traggano tutte le conseguenze, di mentalità e operative, di quella che un tempo fu chiamata la scelta religiosa, da riproporre in modo adatto alle nuove circostanze come scelta evangelica e profetica, come affermazione del primato di Dio e dell’evangelo e delle sue conseguenze per il bene della comunità umana
(Carlo Maria Martini, 1995)
Il mio impegno nel MSAC inizia negli anni 80 come segretario diocesano a Napoli. Poi dal 91 al 98 come consultore nazionale, con una breve parentesi di collaboratore nazionale negli anni 1992-1993(?)
Se dovessi descrivere con due canzoni bellissime, il periodo che vivemmo in quegli anni (tra gli anni ’80 e ’90) potrei far riferimento a Born in the Usa di Bruce Springsteen[1] e Ottocento di Fabrizio De Andrè[2]. In due modi diversi esprimevano il disagio di quel tempo e di una generazione, che a livello internazionale attraverso l’edonismo reganiano costruiva l’attuale visione neoliberista e individualista che iniziò negli anni ’80, e che ha avuto come culmine nell’ultimo decennio la dottrina della guerra di Bush; ed in Italia, invece, il craxismo decadente (spazzato via da tangentopoli e poi ripreso gattopardescamente con il berlusconismo) che con pervasività si è inserito nella coscienza degli italiani mettendo al centro l’antropologia del successo e della solitudine, a scapito di una società solidale e fondata sul senso di giustizia sociale e libertà, prevista dalla nostra Costituzione.
Finendo qui le interpretazioni, forse molto banali, un po’ pessimiste e assolutamente personali sui legami tra oggi e ieri, mi soffermerò a raccontare come la mia esperienza nel Movimento sia stata occasione di crescita e mi abbia rafforzato nelle mie scelte attuali, anche se ho abbandonato da tempo l’impegno ecclesiale.
Il MSAC è stato innanzitutto un luogo di amicizie e relazioni autentiche, con persone provenienti da diverse parti d’Italia, che nonostante radici culturali e contesti di provenienza differenti si ritrovavano a pensare, studiare insieme come dire Dio nella scuola d’oggi dalla Sicilia fino al Triveneto. Questo mi ha rafforzato che l’Italia è un paese con tante particolarità e ricchezze culturali che se si separasse perderebbe l’idea di un identità plurale.
La scelta del MSAC è stata caratterizzante per la mia vita spirituale poiché mi ha educato alla dimensione personale e comunitaria della preghiera e nel confronto intimo con la Parola di Dio. Il primato della Parola di Dio come strumento per leggere i segni dei tempi e riconoscere Cristo nella quotidianità e negli altri. La consapevolezza di quella scelta religiosa che ci fa vivere nel nostro tempo non dicendo: “questo è il miglior tempo possibile o questo è il peggiore dei tempi in cui vivere”; ma dicendo “solo questo è il tempo che ci è dato da vivere come un dono, ed è in questo tempo che noi siamo chiamati ad agire come laici cristiani che scegliamo di vivere in piena libertà e in responsabilità. “
Il Msac è stato caratterizzante per la formazione della mia identità culturale e per la mia coscienza politica, poiché mi ha rafforzato nella ricerca di un atteggiamento critico e creativo in relazione agli studi che poi ho compiuto e alle vicende politiche e sociali del nostro tempo, dandomi l’opportunità di imparare a dialogare con credenti e non credenti ed attivare percorsi di partecipazione comune e di ricerca di un’etica condivisa. Noi definivamo infatti il MSAC come Laboratorio permanente di ricerca,così come fu descritto in W il Movimento, cioè come un luogo che ti permetteva di non avere verità in tasca di tipo ideologico, ma che ti faceva interrogare come credenti in Cristo attraverso la presenza e il dialogo sul senso e sulle scelte da prendere nella prassi.
Devo ringraziare, infine, il MSAC per farmi avere acquisito competenze trasversali che oggi sono determinanti per la mia vita professionale e per l’impegno socio-politico. Se oggi sono consulente e formatore di gruppi di lavoro nelle politiche sociali e se il mio impegno nel Commercio Equo e Solidale mi vede molto disponibile a lavorare in gruppo e a gestire conflitti lo devo anche alla grande esperienza fatta all’interno del Movimento. Delle lunghe discussioni in Consiglio diocesano o in Consulta Nazionale, ricordo in particolare con molta emozione, l’ultimo periodo di Consulta Nazionale a cui ho partecipato che doveva riflettere sulla riforma del Movimento. Questo è stato un momento di grande dibattito interno che ha visto protagonisti tutti i msacchini, in maniera assolutamente democratica, che con timore e tremore hanno dovuto pensare al futuro movimento che ora vi ritrovate. Ebbene, i conflitti sulle diverse rappresentazioni del Movimento mi hanno facilitato nei compiti attuali. Imparare da 15 anni in poi a confrontarti con giovani e adulti (assistenti, professori, responsabili di AC…) ricercando sempre mediazioni, nonostante grandi discussioni e appassionamenti, significa sviluppare una sensibilità che in poche esperienze ho visto, e vi posso assicurare che il MSAC è una di queste.
Due sogni che lascio a voi msacchini di oggi:
- Il primo augurio è che voi vi impegnerete ad essere promotori e protagonisti insieme a tutta l’AC di un nuovo Concilio della Chiesa Cattolica, quello desiderato dal Cardinal Martini qualche tempo fa. Un luogo dove la Chiesa si sappia mettere in discussione e sappia ritrovare l’essenzialità nella Parola di Dio, uscendo dalle secche di un moralismo sterile e sapendo riparlare al cuore dei credenti e dei non credenti, riaffermando la sacralità della coscienza di ognuno, come ci insegna il Concilio Vaticano Secondo.
- Un secondo sogno è che sappiate vivere questo bellissimo, anche se difficile, tempo di incontri e conflitti tra culture, etnie e religioni come un tempo donato in cui attraverso il dialogo si possa costruire una nuova etica condivisa tra uomini di buona volontà per ricercare una società più pacifica e sobria di quella che viviamo oggi. Anche qui il ricordo va al Convegno Nazionale del 1994 “Tessere di un Infinito Puzzle”, dove come studenti di Ac ci iniziammo ad interrogare sul pluralismo culturale e religioso nella scuola.
[1] “Born down in a dead man’s town/The first kick I took was when I hit the ground/You end up like a dog that’s been beat too much/Till you spend half your life just covering up…”
“Nato in una città di morti/ Il primo calcio che ho preso è stato quando ho toccato terra/ Finisci come un cane che è stato malmenato troppo a lungo/Fino a che non passi metà della tua vita a cercare un rifugio…”
[2] …Quanti pezzi di ricambio /quante meraviglie /quanti articoli di scambio /quante belle figlie da sposar
e quante belle valvole e pistoni /fegati e polmoni /e quante belle biglie a rotolar /e quante belle triglie nel mar…
Due facce di una stessa medaglia, dove il successo e lo spirito dell’individualismo di oggi, sono figli di quell’epoca.