40 anni in Movimento

Testimonianza di Enrico Pizzi – Segretario nazionale Msac anni ‘80-’90

Tra i primi ricordi più significativi della mia esperienza nel Movimento Studenti di Azione Cattolica c’è un viaggio in treno. Stavamo tornando a Grosseto da Pisa, con l’allora responsabile diocesano del Msac Luca Furzi e un gruppetto di msacchini grossetani che rientravano dal primo incontro extra diocesi.

Con noi viaggiava Vania De Luca, la segretaria nazionale, che divideva la sua responsabilità con Vito Epifania. Anche Vania era di ritorno da Pisa, ma avrebbe proseguito per Roma. Avevo poco più di 15 anni e il Msac, a Grosseto, era nato da pochissimo.

Con Vania, che probabilmente aveva con sé qualcuno dei suoi libri e magari avrebbe anche avuto voglia di leggere, parlammo moltissimo, di scuola, di impegno in Ac, di pastorale d’ambiente. Insomma, credo che la si spremette a dovere – povera lei – ansiosi di non perdere nemmeno un minuto di quelle due ore circa passate in treno con la segretaria nazionale. «Chissà quando ci ricapita…» pensavamo.

Non avrei certo immaginato che qualche anno dopo sarei stato chiamato a collaborare, a Roma, proprio con Vania e il nuovo segretario nazionale Enzo Vergine, e con l’indimenticabile don Attilio, e che successivamente mi sarebbe stato chiesto di condividere, con Giovanna Mignogna, la responsabilità della segreteria nazionale, mentre nel frattempo arrivava don Mimmo a prendere il posto di don Attilio.

Direi che per la cronaca c’è tutto, o almeno c’è quanto basta a ricordare a me, prima di tutto, che non è retorico dire che l’esperienza del Msac è stata innanzitutto incontro con tante persone, relazioni che lasciano il segno.

Oggi che ho 40 anni, una moglie e una figlia che ha appena cominciato la scuola, mi viene da pensare subito a questo, quando ritorno alla mia esperienza del Msac: un’esperienza di Chiesa, con tutto quello che comporta.

Oggi che, da giornalista, lavoro dentro un ambiente laico, talvolta ostile alla Chiesa – salvo quando si occupa dei poveri – comprendo sempre meglio come l’aver vissuto la Chiesa da dentro, avendo sentito sulla pelle anche tante sue contraddizioni e avendone sperimentato i limiti, ma avendo anche visto e imparato che Gesù ama l’Umanità e la sua Chiesa entrando con il suo amore fin dentro quei limiti, non posso che ringraziare il Signore per la ricca esperienza di Chiesa che mi ha consentito di fare.

Certo, non so davvero se, da msacchino prima, da segretario diocesano poi e, successivamente, da segretario nazionale, sono stato davvero capace di dire e aiutare a dire Dio nella scuola, o di portare questa Chiesa che amo tra i banchi di scuola – tanto per citare i titoli dei due congressi che hanno segnato più profondamente la mia esperienza nel Msac – ma so che almeno ho provato, come altri prima e dopo di me, a continuare a gettare il seme di un’idea, quella della nostra responsabilità di credenti, laici, che vale quando si va a scuola come quando si cammina per strada o si sgobba tra il lavoro e la famiglia. Una responsabilità su cui il Msac mi ha insegnato ad essere esigente, prima di tutto con me stesso.

Sono convinto che nessuno, di quanti sono passati dai gruppi del Msac in questi 100 anni di storia, ne sia uscito senza aver maturato quella particolare sensibilità che fa sentire come stringente la domanda di Dio a Caino: «Dov’è Abele tuo fratello?». E mi auguro che nessuno avrà mai la leggerezza di dare la stessa risposta di Caino: «Sono forse il guardiano di mio fratello?».

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