L’Ac attraverso il Msac

Testimonianza di Chiara Sancin – Segretaria nazionale Msac dal 1995 al 1998

Mille volti, mille incontri, convegni, seminari, sussidi, iniziative…Creatività e intelligenza. Questo è il primo ricordo che ho dell’AC a misura di studente: il Msac. Sì, non è facile raccogliere in qualche pagina un’esperienza che ha toccato il cuore di tanti. Forse è proprio per questo motivo che ho tentennato molto prima di scrivere qualcosa. E’ come fare un esercizio severo: rileggere e sfogliare alcune pagine importanti della propria vita di cristiano, di cittadino, di uomo. Non riuscendo a scrivere direttamente al computer ho allora ripreso in mano “carta e penna”, gli strumenti tipici dello studente e ho iniziato a scrivere (a proposito non dimenticatevi mai questo esercizio: penna e calamaio, aiuta a fissare le idee!).

Il Msac per me è sempre stato e penso che lo sia tutt’ora, il modo naturale che ha un giovanissimo di AC di vivere la propria testimonianza a scuola. Il Msac aiuta il giovanissimo a completare la sua formazione, a specificarla, a incarnarla dove vive, a trovare le parole e le forme per “dire Dio tra i banchi di scuola”.

Frequentavo il ginnasio del liceo classico a Trieste, avevo già fatto l’Acr, ero entrata da poco nei giovanissimi, ma nella stessa scuola, per una strana coincidenza, ci siamo trovati in tanti della stessa parrocchia, della stessa associazione, tutti con lo stesso insegnante di religione un sacerdote saggio e colto don Libero Pelaschiar (era monsignore ma non ci teneva al titolo), già assistente diocesano della Giac, che aveva educato e accompagnato molti altri giovani nel formarsi una coscienza di cittadino. Scoprimmo poi che molti genitori di msacchini avevano avuto don Libero come loro maestro di vita; ora i figli dei figli davano vita di nuovo al Msac (don Libero è tornato alla casa del Padre oltre un anno fa e sono sicura che dall’alto continua ad accompagnare dalle sue amate vette, con il suo sguardo penetrante, intere generazioni verso l’alto).

Qualcuno più grande di me aveva partecipato agli incontri nazionali e regionali, era stato incaricato di dar vita al Movimento Studenti. Abbiamo tutti studiato a memoria W il Movimento e nel giro di poco tempo era già nato il primo gruppo di Istituto (GdI), il gruppo diocesano, la consulta, ecc. Il Msac a Trieste era oramai una realtà, una realtà nata esclusivamente per un servizio e una testimonianza nelle scuole. Tutti o quasi i componenti promotori erano iscritti all’AC, erano giovanissimi di AC; la loro formazione si svolgeva nelle parrocchie, nel gruppo giovanissimi attraverso il cammino ordinario; c’erano poi dei momenti di formazione specifica sulle tematiche scolastiche quali la partecipazione, il senso dello studio, la testimonianza a scuola, ecc. Un’impostazione che sicuramente mi sono portata dietro fino a quando sono diventata Segretaria nazionale e che ha permeato anche la riforma del Movimento.

Quanti incarichi verrebbe da dire: diocesi, regione, consulte, ecc. Mille incontri ed impegni che mi hanno aiutato a capire che cosa significa partecipazione democratica e responsabile all’interno della Chiesa, in modo laico e preparato. Anni in cui mi sono formata alla scuola del Concilio, sicuramente, con campi diocesani e nazionali anche molto molto intensi. Ma la filosofia è sempre stata quella: offrire 1000 per ottenere 10. Ancora oggi il Msac a Trieste esiste e il suo assistente è don Sandro, mio amico che ha frequentato il primo GdI del Msac. Il Msac con alti e bassi ha formato generazioni di cittadini, ora madri e padri di famiglie, che sicuramente faranno la loro parte nella storia della città e della chiesa triestina.

Quando sono stata chiamata a Roma per la Segreteria nazionale, avevo già dato tutto quello che pensavo di poter dare al Msac: diocesi, regione, e poi il collegamento con la Fuci (anche se dicevano che forse ce l’avevo nel DNA il partire per andare a Roma, mio nonno Pasquale Modestino aveva dedicato la sua vita alla scuola come Preside, era stato amico del prof. Gesualdo Nosengo, tra i primi promotori dell’UCIIM e aveva lavorato anche per i nuovi sindacati nella scuola). Allora ero segretaria unitaria dell’AC e oramai pensavo di portare in altro modo il mio servizio all’interno dell’associazione. Avevo anche una certa età 24 anni. Oggi, capisco forse il perché di quella scelta. Il Msac viveva un periodo di scelte importanti: l’AC tutta aveva bisogno di “ridirsi” il perché del Msac e dei movimenti in genere. In questo contesto l’accoppiata migliore, ma forse sarebbe meglio dire la terna migliore, era proprio quella che doveva: unire l’Italia (io del Nord, Geggio del Sud e don Mimmo pugliese doc), raccogliere la storia recente del Msac (dal congresso del 1986 io avevo partecipato a tutti i momenti nazionali, mi ricordo ancora il primo campo nazionale a Montecalvo Irpino del 1987, per arrivarci che avventura…) e l’esperienza associativa (io infatti ero msacchina, ma prima di tutto una giovane di AC che nel Msac aveva trovato il suo completamento e il suo luogo di servizio) con chi invece veniva proprio dall’esperienza pura e fresca di un gruppo diocesano del Msac.

Già da qui si può vedere la differenza tra me e Geggio, differenza che negli anni anche sofferti che abbiamo trascorso insieme nella Segreteria nazionale, è diventata ricchezza di visioni, di esperienza e soprattutto libertà di scelte. Penso e credo veramente che quelle intuizioni, sperimentate nell’esperienza locale, alla base della riforma sono quelle che oggi fanno ridire all’AC il perché della necessità del Msac e il suo senso.

95-98 una Segreteria che ha fatto forse cose particolari:

-         ha modificato la comunicazione con i gruppi creando P& D express, strumento agile, capace di ricreare quella rete tra i gruppi e i responsabili dei gruppi che era vitale per dimostrare la vitalità ancora presente del Msac in Italia;

-         ha chiuso P&D Studenti, e non mi vergogno di dirlo, non perché non lo ritenesse valido strumento di comunicazione, ma perché la società era cambiata; nelle scuole non si poteva più vendere nulla senza permessi vari, stava avvicinandosi internet, e poi bisognava scegliere se rischiare di “far innamorare” tutti i giovanissimi di AC del Msac o rimanere chiusi nella propria bella sfera di cristallo difendendo a tutti i costi la propria identità. Si è scelto di attuare “la presenza e il dialogo” aprendosi alla sfida di Graffiti, del nuovo giornale per i giovanissimi in cui veicolare le tematiche della scuola e degli studenti

-         ha cercato un collegamento stretto con il Settore Giovani, cosa che creava tensioni in molte diocesi, facendo capire che arroccarsi sulle proprie posizioni e difendere i propri recinti e ruoli non portava da nessuna parte. Noi partecipammo con fatica a tutti gli incontri del SG e cercammo di intervenire in tutte le questioni e non solo in quelle che riguardavano il Msac, ma l’AC, in quanto tale, in quanto noi, come gli altri eravamo responsabili di una parte di Ac prima di tutto. In questo modo ci siamo conquistati la stima e il rispetto di tutti (allora le presidenze erano tutte presidenze allargate)

-         ha rispolverato l’asinello come simbolo del Msac, l’ha recuperato dalla storia, abbiamo ripreso in mano vecchi documenti congressuali e anche da quella ricerca e da quel ritornare alle origini è iniziato il percorso verso la riforma

-         ha fatto la riforma. Quante notti trascorse a discutere su virgole, punti, aperture, elezioni, ecc.. Alla fine la formazione specifica (quella che io stessa avevo vissuto in modo inconsapevole quando a TS era nato il Msac), il primo annuncio (tanto caro al Msac, è stato il primo a parlarne in AC con un fascicoletto arancione che ancora conservo), gli orientamenti culturali, i punti d’incontro (il vecchio gruppo di Istituto aperto a tutti quelli che credono in una scuola nuova).

Il Msac e questo lo ricorderà bene Geggio per le lunghe discussioni, questo era il mio pallino: non era il gruppo diocesano, così sarebbe morto di morte naturale, ma doveva essere un’idea, un ente, un insieme di tante cose, e di tanti momenti che poi portati ad unità formavano il Msac. Solo così poteva avere un futuro. Era difficile da capire, e anche la consulta nazionale faticò, ma alla fine il nuovo W il Movimento era nato, in quel gennaio del 1998 con tanto sacrificio. Era quella la strada per un vero movimento di AC, capace di creatività, di freschezza, di elasticità. Era potuto nascere solo quando ci si era liberati dalla paura di perdere la propria identità, nella libertà anche di chiudere il Msac, si era ragionato, si era discusso e l’AC tutta aveva riscelto il Msac con queste nuove specificazioni come modalità principe per i giovanissimi di Ac di testimonianza e di servizio all’interno della scuola.

E’ stata un’idea giusta? Abbiamo rischiato troppo? La risposta l’ho avuta quando ho partecipato alla SFS di Chianciano, dove ho visto realizzate le parole e le idee che erano solo state pensate. E allora mi è venuto in mente “Se il chicco di grano non muore”, in qualche modo il Msac era allora morto, ma per rinascere e ripensarsi e proprio grazie a questo non era morto, ma era stato come un albero potato per portare più frutto. La miriade di studenti che parlavano e si interrogavano di scuola, un momento di formazione per tutti gli studenti, promosso dall’AC tramite il Msac: il sogno si era realizzato. Non avevamo sbagliato. La bontà di quelle faticose serate e nottate anche a volte finite con litigi e incomprensioni avevano portato un frutto molto più grande, avevano creato qualcosa di nuovo e di soggettivo per lo studente. Se solo tutta l’Ac sapesse farne tesoro, il movimento potrebbe veramente essere quel volano per “dialogare e incontrare” a scuola. Soprattutto oggi che con l’autonomia si possono fare tante e tante cose.

Potrei scrivere ancora pagine e pagine, ricordare alcune pubblicazioni, Parole in onda o ancora Per una spiritualità dello studio o la mitica relazione fatta da me e Giandiego in forma recitata rivolgendoci con il tu verso i presenti (esercizio di creatività!) o ancora i collaboratori centrali Carlo, Stefano, Elena, Andrea, Mara e sopratttutto don Mimmo Amato che con la sua saggezza e comprensione ha saputo tenere insieme queste due capetoste come me e Geggio (penso solo perché riusciva a guardare più lontano di noi).

Alcuni ultimi pensieri:

-         l’Ac attraverso il Msac mi ha insegnato che cosa significa fare esperienza di Chiesa, chiesa che fa soffrire e che ha i suoi tempi, ma che è anche profetica e abbraccia tutti, sceglie e ragiona

-         oggi che tengo un gruppo di adolescenti in parrocchia, in una città che non è quella mia natale, sto applicando il metodo del Msac: sto osando molto con questi ragazzi, dare 1000 per ottenere 10. E l’immagine mi torna agli anni in cui iniziavo a frequentare i gruppi, a fare domande e mi fa dire che gli studenti sono sempre e dovunque desiderosi di dialogo e di conoscenza. Il Msac e l’Ac mi ha insegnato a pormi le domande prima di avere mille risposte; anche oggi questo è il segreto: luoghi dove potersi interrogare, essere creativi, programmare, progettare, dare fiducia al protagonismo giovanile. Quella fiducia che io ho ricevuto nei miei anni giovanili e che mi ha fatto anche sbagliare, ma mi ha permesso di crescere come donna, come cittadina e come cristiana.

-         l’AC mi ha fatto conoscere il Msac, il Msac mi ha portato a Roma e da lì sono ritornata a Trieste a fare la vita di tutti i giorni (cosa che dovrebbe succedere normalmente, la laicità è ritornare alla vita di tutti i giorni, nella propria parrocchia, nella propria diocesi, nella propria città, nella propria associazione), ma sempre l’AC mi ha riportato a Roma dove ora sono donna felicemente sposta con Gianni, giornalista di Segno. Ricordatevi i progetti di Dio sono sempre imperscrutabili!

Il mio invito ad ogni giovane di Ac che ha incontrato il Msac e ad ogni Msacchino che spero incontri l’Ac è questo:

“studenti siate protagonisti del vostro tempo, del vostro spazio, del vostro luogo, ricordate di fare memoria della storia, della storia personale, della tua città, della tua associazione, perché è da lì che vieni, lì stanno le radici, lì inizia quel filo rosso che ti ha portato all’oggi; usate la creatività e la curiosità e l’intelligenza per leggere dentro alle cose e usate della libertà e del coraggio per scegliere e discernere con ragione nella vita”.

Questo è quello che a me ha insegnato il Msac, spero che lo insegni anche a voi.

Con affetto

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