Testimonianza di Antonio Minasi – Coordinatore nazionale del CISS (CENTRO STAMPA STUDENTESCA DEL MSAC anni ’60-’70)
Che grande stagione quella della stampa studentesca! È stato un continuo crescendo dagli anni ’50 fino al ’68. E sì, perché poi quello è stato l’anno fatale, quello delle occupazioni, dei cortei in piazza che esigevano interventi immediati, la parola dal vivo, spesso urlata, senza la mediazione della carta stampata.
Il giornale era stato all’inizio il mezzo più efficace per conquistarsi autonomia di discussione, d’incontro e confronto dentro e fuori la scuola. Si rivela lo sforzo dei giovani di essere presenti in modo originale nella realtà del tempo, dalle vicende della propria scuola agli avvenimenti del Paese e del mondo. E ciò senza toni moralistici o discorsi “barbosi”, ma con spigliatezza, spesso con sottile ironia.
Ma quali erano i temi più ricorrenti? La scuola – com’è naturale – è in prima fila. Se ne parla come della “grande ammalata”, si reclama urgentemente una riforma e da parte delle testate più mature si sottolinea che il rinnovamento non può essere miracolisticamente affidato alla modifica delle strutture, ma anche alla partecipazione più attiva e consapevole dello studente.
C’è poi un costante richiamo a riscoprire la propria vocazione, ad accettare lo studio come un lavoro proprio della giovinezza e non soltanto un mezzo per arraffare un “pezzo di carta”.
L’insegnamento scolastico è giudicato nozionistico, frammentario. I rapporti poi, con i professori, i programmi di studio, la collaborazione tra scuola e famiglia divengono oggetto di servizi, interviste, inchieste. Qualche giornale intraprendente riesce perfino ad intervistare il Ministro della P. I..
Insomma gli studenti non chiedono di studiare meno, ma di studiare meglio. Non chiedono una scuola facile, ma una scuola più funzionale, formatrice di personalità autentiche.
L’altro leit-motive è rappresentato da un costante esame che i giovani fanno di se stessi. Si guardano dentro, si scrutano, cercano di veder chiaro nelle proprie aspirazioni ed inquietudini; cercano di cogliere i valori propri della loro età. Capiscono che essere giovani non significa semplicemente un dato anagrafico sulla carta d’identità. Rivendicano proprie forme di autonomia, ma si riconoscono parte integrante della società in cui sono inseriti. Chiedono agli educatori di guidarli, ma senza imposizioni. Discutono dei rapporti tra ragazzi e ragazze e l’orizzonte s’allarga all’amore, alla famiglia di domani.
Ma se questi sono i temi dominanti, la prospettiva si estende altresì ai problemi ed alle vicende del proprio tempo: la fame, la pace, i paesi in via di sviluppo, l’unità dell’Europa, le conquiste spaziali, la civiltà delle macchine. Non c’è fatto, avvenimento, che non trovi un’eco sulle pagine del giornale degli studenti.
In questa funzione di presa di coscienza dei problemi fondamentali del mondo contemporaneo, la stampa studentesca si è rivelata strumento validissimo d’integrazione dell’insegnamento scolastico, ma anche di crescita personale di ciascun redattore. Perché “fare il giornale” significa impegno comunitario, civile confronto d’opinioni, occasione di dialogo all’interno della redazione e di questa con l’ambiente scolastico. L’idea-guida che si afferma in questi anni è, infatti, proprio quella della redazione come esperienza di vita comunitaria. Ed in questa prospettiva l’esperienza del CISS affianca saldamente il progetto pedagogico-educativo del Movimento Studenti di AC. Fino a quando una riflessione rigorosa sulla necessità di restituire l’Azione Cattolica ad un ambito squisitamente religioso, spinge il CISS fuori dell’organizzazione, conferendogli una autonomia che però si dimostrerà presto molto fragile. Il sopraggiungere del
’68 chiude definitivamente l’esperienza del CISS e della stampa studentesca.