“Traduttori” del Vangelo

Testimonianza di Giuseppe Savagnone – Docente, pedagogista, educatore

Oggi si dice spesso che i giovani non hanno più valori. È falso. I ragazzi e le ragazze del nostro tempo hanno valori diversi da quelli dei loro nonni e dei loro genitori, ma ne hanno! Forse più degli adulti che li criticano e che spesso proiettano su di loro il proprio vuoto e il proprio scetticismo.

È vero: a volte ciò che di valido circola nella cultura giovanile si trova mescolato a deformazioni, unilateralità, imprecisioni, che tradiscono e isteriliscono le istanze originarie e più profonde da cui questa nuova cultura prende le mosse. Avventurarsi in questo mondo è come scavare in una miniera, da dove il metallo prezioso viene tratto nel suo stato grezzo, cosicché, per essere recuperato nella sua purezza, dev’essere sottoposto a un trattamento adeguato. Nel caso dei valori del mondo dei giovani è necessario qualcosa di equivalente: un discernimento che consenta di separare l’oro dal magma terroso che lo nasconde. E il Vangelo può essere, oggi più che mai, il punto di riferimento per distinguere l’umano dal non umano, il vero dal falso, il reale dall’illusorio. Perciò la Chiesa è chiamata ad essere in prima linea nello sforzo – che di per sé dovrebbe coinvolgere  tutta la nostra società – di operare questo discernimento, per consentire ai processi culturali in corso di imboccare le vie più rispondenti alla loro autentica ispirazione, evitando di esaurirsi in vicoli ciechi.

Ma questo discernimento può farlo solo chi vive in prima persona l’esperienza delle nuove istanze e dei nuovi stili di vita che oggi si affermano. Dei giovani, per l’appunto. Dei giovani, però, che abbiano familiarità con la prospettiva cristiana e che, alla luce di essa, possano dare della propria identità giovanile un’interpretazione diversa da quella banale delle mode omologanti a cui tanti ragazzi sono soggetti. Nel far questo essi daranno, al tempo stesso, una lettura diversa, nuova, del Vangelo in cui credono, calandolo nel clima culturale di cui sono protagonisti e riproponendolo al mondo secondo i linguaggi propri di tale clima.

Ecco allora che si delinea, per i giovani dell’AC – e  particolar modo per gli studenti e le studentesse del MSAC – , un compito che va al di là degli obiettivi a breve scadenza, per quanto legittimi. Un compito che potremmo definire “storico”. Per dargli un nome, potremmo definirlo nei termini della traduzione. “Tradurre” vuol dire trasporre un testo da una lingua ad un’altra. Nel caso del Vangelo, si potrebbe dire che ogni epoca, specie quelle di grandi trasformazioni, com’è la nostra, deve saperlo tradurre dalla lingua del passato a quella del presente, preparando il terreno a quelle del futuro. Dove – si capisce – per “lingua” intendiamo non solo il lessico o la grammatica, ma le categorie mentali che stanno loro dietro.  Ebbene, anche la Chiesa del nostro tempo è chiamata a compiere il miracolo della traduzione dell’annuncio evangelico in una lingua comprensibile agli uomini e alle donne a cui si rivolge oggi, se vuole evitare di restare ancorata a degli interlocutori immaginari, che c’erano prima ma che oggi non esistono più.

Ora, per tradurre bisogna conoscere bene il testo, così com’è stato fino a quel momento formulato, ma anche la lingua in cui si vuole trasporlo. L’Azione Cattolica, depositaria – a differenza di tanti gruppi e movimenti – di una lunga tradizione, risponde benissimo al primo requisito. Quanto al secondo, sono i suoi giovani i più adeguati all’opera grandiosa a cui è così urgente mettere mano. Sono loro che possono capire “dall’interno” certe modalità nuove del pensare, del sentire, del vivere e solo così sarà possibile offrirle a Dio, perché la sua Parola, che ha bisogno delle parole umane per risuonare, se ne nutra e, al tempo stesso, le purifichi e le restituisca al loro valore, liberandole dalle scorie.

Per far questo, essi non dovranno essere meno se stessi. Al contrario, recuperando, nell’incessante confronto col Vangelo, il pieno significato delle esigenze di cui si sentono portatori, ne prenderanno sempre più coscienza e le vivranno in sempre maggiore autenticità. Qualcuno dirà che questo significa aprire la strada a una vera e propria rivoluzione. Ma il Vangelo è – e rimarrà sempre – rivoluzionario.

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