Archivi per la categoria ‘Caro movimento...’

Il Msac scuola di Chiesa e di impegno civile

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Giuseppe Bonelli – Consultore diocesano a Milano e Consultore nazionale tra il 1988 e il 1992

Ho conosciuto il MSAC a Monza, dove si chiamava AC Studenti secondo la dizione ambrosiana, e ne sono stato responsabile cittadino per due anni tra il 1987 e il 1988, dopo la maturità l’ho seguito da consultore diocesano a Milano dall’ 88 al 92 e come consultore nazionale a Roma dall’89 al 92.

Per me si è trattato di un’esperienza decisiva sia per l’età nella quale l’ho vissuta che per le persone che ho conosciuto in quest’ambito, che tra l’altro mi ha per la prima volta permesso di ‘uscire’ dai confini della mia città e di conoscere prima la mia diocesi ambrosiana, poi la regione e l’intera nazione.

La mia storia nel MSAC è in fondo la storia della mia formazione cristiana, che qui ha trovato una piena maturazione e persone di riferimento che ancora oggi sono per me fondamentali. Il MSAC era allo stesso tempo momento di testimonianza cristiana nell’ambiente scolastico e quindi di crescita spirituale e occasione di conoscenza della grande famiglia dell’AC, che mi ha trasmesso una passione per la vita della Chiesa che conservo ancora oggi. Diventare poi responsabile associativo a quell’età consente di avere solidi punti di riferimento in un momento determinante per la propria formazione.

Il MSAC è stato poi il luogo nel quale la mia passione per la scuola, maturata grazie all’istituto di religiose frequentato nel primo ciclo di istruzione, è diventata consapevolezza della complessità del sistema scolastico e occasione per riflettere sull’importanza di questo settore nella nostra società. Ricordo i momenti di approfondimento sulla politica scolastica nei campi scuola, nei seminari, nei convegni e nei congressi nazionali. E’ da allora che la scuola è diventata non solo un ambiente di crescita ma una vocazione e se oggi mi trovo a svolgere la mia professione di dirigente scolastico provinciale penso sia proprio merito delle suggestioni ricevute in quegli anni e in quell’ambito.

Tramite il MSAC poi ho anche iniziato a fare politica, partecipando alle elezioni degli organi collegiali. Allora come oggi non vi era un impegno diretto del movimento nelle occasioni elettorali, ma esisteva un rapporto costante con le liste di ispirazione cristiana che si presentavano a livello di istituto e di distretto scolastico (rispettivamente il Gruppo Confronto e Comunità Educante): sono state quelle le prime occasioni nelle quali mi sono misurato con la complessità del lavoro politico e ho imparato la distinzione tra quel tipo di impegno e la testimonianza cristiana, riflettendo sui testi di maestri quali Lazzati, Dossetti e Bachelet.

Infine il MSAC mi ha fatto conoscere il mio Paese attraverso l’esperienza nazionale, sarà banale, ma il primo viaggio al sud io l’ho fatto per partecipare ad un campo scuola nazionale MSAC a Montecalvo Irpino (era il 1988) e da quel momento il movimento è stata per me occasione di conoscenza di tanti coetanei che vivevano nelle diocesi e nelle province italiane: è da quegli incontri che ho imparato ad amare tutto questo Paese e a conoscerne al tempo stesso la complessità. Anche in questo caso, poi, l’esperienza maturata si è rivelata fondamentale nel lavoro che ho svolto presso il Ministero della Pubblica Istruzione a Roma.

Oggi vedo con piacere e favore il proseguire di questa esperienza nella provincia di Lodi ed è stato per me un momento molto emozionante incontrare i ragazzi del MSAC locale per portare il mio saluto e la mia testimonianza.

Mi auguro che il movimento studenti dell’AC prosegua con profitto e successo la propria azione, quantomeno sino all’età nella quale i miei due figli saranno in grado di frequentarlo!

Il Msac…Chi?

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Pippo Mariano – Msac Reggio Calabria negli anni 2000

Il primo scoglio era sempre il nome.

Se dicevi “Movimento Studenti di Azione Cattolica”, ti prendevano per l’ennesimo bigotto baciapile in missione per conto di Dio, pronto a farsi martirizzare, con gesuitico zelo, nel tentativo di rendere obbligatorio il segno della croce prima del compito di greco.

Se dicevi “Movimento Studenti” ti prendevano per l’ennesimo post-sessantottino nostalgico, che anche se non aveva l’eskimo addosso di sicuro ce l’aveva nell’armadio, in tasca il libro rosso di Mao ereditato dal padre, per segnalibro un santino di Marx.

Se dicevi “MSAC”, ti rispondevano “Chi?!?”. E per lo meno era un inizio.

E quella domanda, “Chi?”, era sempre presente nel nostro modo di programmare, di inventare, di agire.

“Chi vogliamo diventare?” Vale a dire: sogniamo un mondo diverso, efficiente, partecipato, giusto. Che tipo di uomini e di donne ci vuole per realizzarlo?

“Chi vogliamo essere?” Vale a dire: cosa dobbiamo fare oggi, come cittadini, esseri umani e in particolare studenti, per essere, domani, quegli uomini e quelle donne?

“Chi vogliamo coinvolgere?” Vale a dire: l’impresa è epica: abbiamo tanto da imparare, tanto da dire, tanto da testimoniare. Quali saranno i nostri maestri, quali i nostri compagni di viaggio, quali i destinatari della nostra azione?

Per anni abbiamo lavorato nelle scuole di Reggio e provincia, fermando la gente nei corridoi, passando parola tra gli amici, combattendo con presidi, professori e bidelli, battibeccando con genitori, preti e fedeli. Abbiamo detto la nostra nei consigli di classe e nelle assemblee di Istituto, abbiamo scritto sui giornalini e chiacchierato nelle sacrestie, abbiamo animato le piazze e provato ad accendere il cervello alle autogestioni.

Nel frattempo, tutti studiavamo (chi più, chi meno), leggevamo, facevamo sport, ci innamoravamo, ci lasciavamo, traducevamo brani insulsi da lingue impossibili, risolvevamo con metodi assurdi equazioni incomprensibili, prendevamo la patente.

Finché, un bel giorno, ci siamo ritrovati tutti diplomati.

In molti sono andati via, io sono uno di loro. Appena arrivato nella mia nuova città, ho subito trovato e avvicinato il MSAC del luogo, e mi è bastata una riunione per capire una cosa: non era più il mio posto.

La cosa più bella, più difficile, meno scontata del MSAC è forse proprio questa: ti resta dentro, ti lascia nuovi talenti, nuove idee, nuove domande, ma è una stagione che, come la scuola, come l’adolescenza, finisce.

È passato del tempo. Non ho ancora tutte le risposte ai miei “Chi?”. Non so ancora se sono e sarò l’uomo che sognavo di diventare. Ma se mi guardo indietro, so che sono stato lo studente che sognavo di essere.

Investire forze, energie morali e materiali

sabato, 23 gennaio 2010

Testimonianza di Mariella Crisci del Msac di Avellino negli anni 2000

Quanto tempo è trascorso? Questa è stata la prima cosa che mi è venuta in mente! Eppure tutto mi sembra così vivo ed attuale, non tanto per i ricordi, che col tempo sbiadiscono, quanto piuttosto per la presenza sempre viva ed attiva del MSAC nella vita dell’associazione e della scuola.

La seconda riflessione? Esperienza arricchente, entusiasmante; e figurarsi che quando l’ho vissuta nella mia diocesi, Avellino, non ero più studente del liceo ma universitaria.

Un po’ sul serio ed un po’ per gioco, il Consiglio diocesano ci affidò la progettazione di quest’avventura. In fondo di un’avventura si trattò: non esisteva il Msac in diocesi, bisognava inventare, tentare, esplorare e sensibilizzare l’associazione prima ed il territorio poi. Ricordo che non fu facile, parliamo di circa 10 anni fa, (il 2000 credo); io e l’altro responsabile talvolta ci sentivamo smarriti, poi però ci rendemmo conto che la voglia di fare dei giovanissimi, la loro capacità di mettersi in gioco a scuola e per l’AC ebbero la meglio ed arrivarono i primi frutti. Ci fu il primo Congresso diocesano, le attività nella scuola della città, il coordinamento regionale “Mario Rossi”, le scuole di formazione nazionali ed i campi estivi nazionali ed interregionali, gli appuntamenti formativi dell’equipe Msac, gli appuntamenti annuali O.F. ed European Day, che non volevamo fossero semplici celebrazioni, ma reali momenti di dialogo e riflessione.

Importante il sostegno della Presidenza diocesana e del Settore Giovani, arricchente la vicinanza e la condivisione con il centro nazionale, in particolare Giandiego, don Lucio e Laura.

Stanchezza e delusioni, ma anche sorrisi e condivisione.

Tanti compagni di viaggio, alcuni più assidui altri meno.

La continua attenzione alla vita della scuola italiana ci accendeva per poi rivelarsi arrendevole nella concretezza. Ma è stato importante essere protagonisti di riflessioni, confronti, attività associative e scolastiche (anche allora bollivano in pentola grandi riforme attese e disattese); questo non tanto per il protagonismo fine a se stesso, quanto piuttosto per comunicare ai msacchini di allora, come immagino a quelli di oggi, che tutto quello che ci accade intorno non può non riguardarci, soprattutto se riguarda la scuola. I CARE, diceva don Lorenzo Milani.

La scuola cambiava, cambiavano i programmi, cambiava il modo di insegnare, ma necessariamente il Msac sapeva che doveva cambiare il protagonismo studentesco. Esserci per dire la propria, esserci per costruire, esserci per “fare della scuola la tua scuola”. (Mi sembra che così dicesse lo slogan di alcuni anni fa).

Non mi sembra di aver scritto nulla di diverso da quello che oggi continuo a vedere nel gruppo Msac della mia diocesi, se pur tra mille difficoltà. Ora sono sempre attenta alle problematiche della scuola, non più come studente ma come insegnante e forse molti aspetti della vita scolastica mi appaiono ancora più chiari: la voglia di conoscere, di sapere, di crescere, di vivere la scuola,( se pur talvolta con apparente menefreghismo), in modo più umano e scanzonato; esserci non solo per protestare, ma anche per vivere relazioni autentiche ed esperienze di apprendimento valide ed arricchenti. Ascolto, coerenza, verità, alta ed autentica qualità della formazione umana e professionale. Questo è quello che credo chiedano gli studenti alla scuola di oggi. Questo è quello che il MSAC ha promosso e sostenuto nei suoi 100 anni di storia associativa, sia ad intra che ad extra.

Un illustre protagonista della nostra vita politica. P. Calamandrei, in un suo saggio “Per la scuola”, sosteneva che lo Stato e la classe dirigente di un paese dovessero investire forze ed energie, morali e materiali, per la scuola, in quanto quest’ultima non solo è garante della formazione ed educazione dei cittadini, ma soprattutto è il luogo per la formazione delle nuove classi dirigenti, che dovrebbero guidare il Paese verso il futuro, lo sviluppo e la crescita umana e civile. Ruolo importante quello della scuola, ruolo di protagonista nella vita di un Paese civile e democratico, ruolo troppe volte dimenticato dalle stesse istituzioni scolastiche e dalla stessa classe politica, che invece ne fa motivo di scontri e proselitismi. Non avendo con me il libro ho probabilmente mal riportato il pensiero di Calamandrei, un motivo in più per leggere qualcosa di interessante!

Buon movimento a tutti!