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Reggio Calabria, l’esperienza democratica, i ricordi speciali

venerdì, 22 gennaio 2010

Testimonianza di Giandiego Càrastro – Segretario nazionale 1995-2002


Una testimonianza storica sul Movimento può esser utile

se riporta alla memoria episodi importanti

di cui potrebbe essersi persa la memoria…

Voglio iniziare proprio da questo: nel giugno 1995, quando Giovanna, Luca, don Mimmo fecero il passaggio di consegne ai nuovi segretari nazionali (Chiara ed il sottoscritto), ci dissero che probabilmente il Movimento avrebbe chiuso i battenti entro il 1998. Questo perché nella assemblea nazionale ACI dell’aprile di quell’anno, su proposta di due grandi regioni del Nord e del Centro, venne votata dall’Assemblea nazionale una mozione che impegnava il Consiglio nazionale ACI a riconsiderare la esistenza del MSAC e del MLAC, i due movimenti c.d. interni dell’ACI. Alcuni credevano, infatti, che fosse più utile e meno dispendioso organizzativamente per la ACI puntare sulla creazione di un Osservatorio nazionale sulla scuola ed un altro sul lavoro. La differenza non era da poco: significava chiudere i gruppi diocesani presenti e lo stesso Ufficio nazionale del MSAC per istituire un Osservatorio, comunque utile, ma che non poteva sostituirsi alla vita dei gruppi nelle realtà diocesane!!! a dire il vero, la situazione critica riguardava fortemente il Movimento lavoratori, ma i proponenti la mozione fecero di tutta l’erba un fascio, coinvolgendo anche il MSAC! Il MLAC, a conti fatti, non colse l’occasione per ripensarsi secondo la propria natura, andando dietro a quelle che sarebbero state le soluzioni pensate dal Consiglio nazionale per il MSAC.

Ma provate ad immaginare la tremarella…arrivato a Roma da Reggio Calabria, mi si diceva che avrei probabilmente dovuto porre fine alla associazione studentesca in cui avevo appreso tanto nei cinque anni precedenti… Decidemmo di reagire, non volendo subire il destino che sembrava già segnato…Con tutta la Consulta nazionale dell’epoca, con i collaboratori centrali,non ci demoralizzammo… (continua…)

Il cielo azzurro e limpido sopra di noi

venerdì, 22 gennaio 2010

Testimonianza di Piero Lauriola, segretario nazionale MSAC dal 1980 all’83.

Essere nel Msac negli anni 70 ed 80 è stato per me un grande dono ed una grande avventura.  Ho stretto rapporti e  amicizie che durano tuttora. Il ricordo vivo delle persone che ho incontrato e conosciuto, delle esperienze vissute  mi ha finora accompagnato e non mi lascerà. Erano gli anni del post Concilio nella Chiesa e nella società italiana. Un periodo bello ma difficile perché la tensione  verso l’impegno ed il rinnovamento era  viva  ma si avvertiva la fatica perché non tutte le aspettative  sorte anni prima  sembravano potersi  realizzare ed alcune promesse del 68 si  stavano rivelando illusorie. E mentre molti cercavano  di cambiare e rendere migliore la società,  qualcuno  pianificava  e praticava la violenza,  l’omicidio e le stragi come strumento di lotta “politica”. Le conseguenze tragiche di quelle teorie e prassi di morte  furono pagate da tutta la comunità civile e  soprattutto dalle tante vittime delle azioni terroristiche.

Per la Chiesa italiana era la feconda stagione di evangelizzazione e promozione umana ed averla vissuta nel Movimento studenti  e nell’Azione cattolica è stata una grande opportunità. Ha permesso a tanti giovani  di quegli anni  di fare esperienza  in modo pieno dell’inscindibile legame tra l’annuncio di Cristo e la promozione del bene della persona e della società che è parte dell’annuncio stesso. Sperimentavamo che annunciare il Vangelo esige l’impegno  per la giustizia, lo sviluppo e la promozione di ogni uomo, di tutti gli uomini, della società. E la promozione e lo sviluppo della persona sono autentici solo se integrali, cioè per tutto l’uomo in ogni sua dimensione, compresa quella spirituale e di fede.

L’esperienza ed il cammino nel Msac mi ha consentito di fare sogni e progetti: un cielo azzurro e limpido sopra di me a cui poter volgere lo sguardo in qualsiasi momento.  Non avevamo paura di coltivare i sogni, di farne la trama di progetti di vita personali che componendosi tra loro sono diventati anche progetti comuni. E chi teneva e tiene insieme  sogni, ideali  e progetti  è Gesù di Nazareth,  il Signore.

Credo che i giovani  di oggi come quelli degli anni 70 e 80 abbiano il diritto di  non rinunciare ai propri sogni, alla propria voglia di  futuro, di vivere con e per i propri ideali.  In un mondo che vive ripiegato,  che teme il futuro e lo immagina  come proiezione negativa di un presente che non soddisfa,  gli studenti del Msac sappiano seminare e condividere  la speranza nel futuro e aiutare a non aver paura degli ideali e della felicità che il Signore ci ha donato e che dobbiamo solo accogliere e gustare. Come il cielo azzurro e limpido sopra di noi.

“Non cedete il timone della vostra intelligenza”

venerdì, 22 gennaio 2010

Testimonianza di Vania De Luca, Segretaria nazionale Msac

Ho conosciuto il Movimento studenti in una domenica di tarda primavera dei primi anni ’80. Frequentavo la terza media, e nella mia città il MSAC organizzava la “festa dello studente” per presentare il Movimento ai ragazzi che con il successivo anno scolastico sarebbero passati alle superiori. Ricordo ancora, a distanza di tanti anni, insieme al clima gioioso della festa, la proposta di un’esperienza in cui dinamiche di fede e senso di appartenenza ecclesiale erano chiamate a tradursi in testimonianza di vita quotidiana dentro la realtà per noi più coinvolgente in quegli anni, cioè la scuola. Dove eravamo invitati a dare senso allo studio, ad essere leali, a crescere sia culturalmente che nella fede, facendoci carico di quanti incontravamo strada facendo, soprattutto quelli che allora chiamavamo “i meno garantiti”. a prendere sul serio gli anni formativi più importanti della nostra vita. Il primo libro che al Msac non potevi non aver letto era Lettera a una professoressa di don Lorenzo Milani, e io ricordo di aver fatto una bella figura, quella domenica di maggio, per il fatto di averlo già letto nonostante fossi solo in terza media. Era il libro di narrativa adottato a scuola dalla mia professoressa di lettere, e mi aveva colpita molto, forse perché vi coglievo un  senso profondo di verità e di giustizia, di ricerca, di impegno frutto di una fede “scomoda” incarnata nella storia, non fatta di precetti ma di mani che si sporcano, di tempo non sciupato, di speranza in un futuro che è nelle proprie mani, che si può costruire nonostante difficoltà e contraddizioni.

Cominciai a frequentare più o meno assiduamente il Msac, anche se allora non potevo neanche prevedere quanto il movimento e l’Azione cattolica avrebbero inciso nella mia vita. Facevo parte del gruppo di Istituto al Liceo classico, poi a 16 anni entrai in  Consulta nazionale, quasi per caso. Il mio nome era stato dato l’anno prima all’assemblea nazionale dalla delegazione della mia diocesi a mia insaputa, e quando l’anno successivo uno dei membri eletti si dimise, io che ero risultata prima dei non eletti subentrai. Ricordo la sorpresa, o meglio lo sbigottimento, quando mi dissero, a un campo scuola nazionale del Msac, che facevo parte della consulta nazionale, che si riuniva a Roma un paio di volte l’anno…. In più di un’occasione, anche negli anni successivi, mi sarei trovata a percorrere, non senza una certa resistenza, strade che non avevo pienamente scelto, per le quali altri mi avevano indicata, e che nonostante le mie resistenze, diventavano mie solo con il tempo, a volte con fatica. Alla consulta nazionale andavo con don Catello Malafronte, l’assistente del Msac di Castellammare, che è stato un animatore e una guida spirituale per tanti giovani della diocesi. Il 1986 fu un anno difficile, sia per l’Azione cattolica nel suo insieme che per il settore giovani e il Msac. Le dimissioni del gruppo dirigente nazionale, nel quale militavano persone che stimavo, e che erano per me un punto di riferimento, in primis Fabio Porta, imposero agli eventi una specie di accelerazione. A me venne chiesta la disponibilità per la segreteria nazionale. Era maggio (ancora maggio…..), dovevo fare gli esami di maturità, non mi sentivo né pronta né capace per una responsabilità così alta, peraltro in un momento così difficile, in cui vivevo come una specie di strappo doloroso la frattura che si era creata con le dimissioni dei dirigenti nazionali. Alla fine accettai. Il giorno dopo gli esami di maturità mi trasferii a Roma e incominciò l’avventura. Con Vito Epifania (autentica testa dura lucana, molte cose si sono fatte per la sua ostinazione, nonostante la mia pigrizia) alla segreteria e don Attilio Arcagni (un grande!) come assistente. Dopo un po’ arrivò il preziosissimo Enzo Vergine a collaborare. Ogni tanto ho pensato che senza di lui non ce l’avrei fatta. Quando è entrato in seminario, vocazione adulta, ho pensato che la chiesa pugliese aveva fatto veramente un grande acquisto Rimasi alla segreteria quattro anni: un triennio con Vito e un anno del successivo con Enzo, per dare il tempo alla successiva segretaria (Giovanna Mignogna), di scaldare i muscoli. Furono anni intensissimi: Campi nazionali estivi, il rilancio di Presenza e Diaologo studenti, i progetti formativi, la riedizione di W il Movimento, i Congressi e i Convegni nazionali. E poi l’Università…. L’Azione Cattolica assorbiva molto tempo ed energie. Di contro dava una formazione (ma questo allora non lo capivo a pieno, lo avrei capito più tardi) che ti segnava come un marchio. Scuola di laicità e di democrazia, di servizio e di appartenenza ecclesiale. L’invito che ci rivolse papa Giovanni Paolo II a un convegno nazionale: “non cedete a nessuno il timone della vostra intelligenza” sarebbe rimasto per me un programma di vita. Io come unica condizione avevo dato la volontà di non rallentare gli studi, per cui finivo a studiare anche i giorni di Pasqua e Natale, in treno viaggiavo con i tappi per le orecchie per potermi meglio concentrare sulle letture, e penso di avere imparato in quegli anni una capacità di scrittura e di parola, oltre che di  ottimizzazione dei tempi, che non mi hanno mai più abbandonata, e che mi risultano preziose anche per il lavoro giornalistico che svolgo alla Rai. Perché dopo la laurea, pensavo di tornare a Castellammare. Ma a me nella vita è capitato di fare tutt’altro rispetto a quello che avrei voluto. Così vivo ancora a Roma, e guardando agli anni del Msac vedo i pilastri di tanta mia storia. Devo a quegli anni e a quelle esperienze l’incontro con Vittorio, (chiamato anche lui a Roma per seguire Presenza e Dialogo Studenti), mio marito da 17 anni, con conseguenti 3 figli.

Devo a quegli anni i codici culturali, il metodo di analisi per seguire, anche per lavoro, le vicende della chiesa.

Devo a quegli anni un’attenzione alla formazione. E quando mi è stato chiesto, dopo molti anni di vita tra casa e redazione, redazione e casa, di assumere la presidenza dell’ Ucsi del Lazio (Unione Cattolica della Stampa Italiana), la mente è andata, dopo più di 20 anni, a quel giorno di maggio del 1986…

Vania De Luca