P.Louf msacchino…

4 agosto 2010

di Giandiego Carastro

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Il 12 luglio è passato da questo mondo al Padre, nel suo monastero di Mont-des-Cats (Francia), p. André Louf, monaco trappista e autore spirituale tra i più noti anche in Italia.

Padre Louf ha fatto parte del MSAC del Belgio come ricorda nella seguente intervista da cui ricaviamo il seguente passo.

Tratto da Cantare la vita, André Louf, Qiqajon,pagg. 13-15

Conversazioni con Stéphane Delberghe

Stéphane. Talora si dice che all’origine di una vocazione ci sia una terna di relazioni: un parente, un prete ( o un religioso o una religiosa) e un amico…Lei parla poco dei giovani suoi coetanei di allora.

André.E tuttavia hanno avuto un’importanza capitale, del resto quasi quanto la mia famiglia. Infatti, mi sono impegnato con tutte le forze, e fin da giovanissimo, nei  movimento giovanili e in particolare nella Katholieke Studenten Aktie (KSA). Impegno che fu per me l’occasione per una reale crescita umane e spirituale. Anzitutto, invitato molto presto ad assumere delle responsabilità, ho dovuto imparare a svolgere la mia funzione nei confronti di adolescenti appena più giovani di me. Simili esperienze mi hanno aiutato a scoprire delle capacità che fino a quel momento ignoravo (facilità di parola, spigliatezza nelle relazioni) e ad acquisire un minimo di fiducia in me stesso (senza troppo cedere alla vanità, però).

Il riconoscimento degli altri nei mie confronti mi aiutava a poco a poco a familiarizzarmi con le mie possibilità e a svilupparle, il che mi diede una certa disinvoltura nell’animazione degli incontri giovanili;: si tratta specialmente di circoli di studio dove trattavamo temi preparati dalla direzione diocesana del movimento, sotto al guida del celebre canonico Dubois, che per la gioventù studentesca della diocesi di Bruges rappresentava quello che Cardijn era per la JOC (Jeunesse Ouvriere CHrétienne) in tutto il Belgio fiammingo.

Stéphane.Qualità molto utili a un pastore, uno che lavora sul campo…

André.Forse. E questo mi ha creato inevitabilmente dei problemi quando ho pensato più seriamente a entrare nella trappa. Non ero forse stato chiamato a dedicarmi interamente a una missione di tipo pastorale, come avevo già cominciato a fare e fatto fino a quel momento? Discernimento non aiutato dalla profondità dei legami che si erano creati. Chi non ha conosciuto un’esperienza del genere, a volte difficilmente riesce a immaginare fino a che punto, in quei movimenti giovanili, si vivesse una reale fraternità fatta di solidarietà e di aiuto reciproco. Quello che però mi ha aiutato nel mio cammino di chiarificazione è stato continuato ad alimentare la mia fede.

Ad esempio, durante gli ultimi due anni di studi secondari, il movimento ci proponeva una formazione spirituale più intensa che mirava a preparare coloro che lo desideravano a quel che veniva chiamato, nello stile romantico dell’epoca, un impegno come “cavaliere”. Questo comprendeva una cerimonia di vestizione che si svolgeva durante le vacanze, al termine di un campo di tra giorni. Bisogna dire che era una cosa abbastanza importante per un adolescente. Il “cavaliere” s’impegnava in particolare a un quarto d’ora di preghiera al giorno, a leggere regolarmente le Scritture, a farsi accompagnare spiritualmente da un presbitero … Tanti piccoli impegni che diventeranno veri e propri pilastri della mia esistenza.

Per un ricordo più approfondito

http://www.monasterodibose.it/index.php/content/view/3622/122/lang,it/

Due sposi msacchini

6 luglio 2010

INTERVISTA AI CONIUGI SINTUZZI

(CIZIO DEL MSAC DI CESENA -ed equipe nazionale- DAL 1995 AL 2008- CLAUDIA DEL MSAC DI VENEZIA DAL 2004 AL 2009)

a cura di Geggio Carastro


Claudia, cosa ti ha dato il MSAC?

Come prima cosa…il marito.

Inoltre, avere una responsabilità così grande mi ha aiutato a crescere. Mi ha caricato nelle relazioni. Non ha prezzo quel che ho ricevuto.

E a te, Cizio?

Vorrei iniziare dicendo che io ho fatto parte del MSAC di Cesena dal 1995 al 2008. Di quegli anni ricordo la importanza formativa dei campi nazionali dove avevi la grande fortuna di poterti confrontare con persone di tutta Italia;tra l’altro, lì ho appreso diversi bans che ho a mia volta insegnato in diocesi, quando ero chiamato ad animare feste, incontri.

Sono stato anche membro della equipe nazionale.

Claudia, cosa ricordi del tuo impegno per la diocesi di Venezia?

Ricordo le tante attività che insieme all’altro segretario diocesano Michele Azzoni abbiamo intrapreso per far diffondere il Movimento nella nostra diocesi. Siamo arrivati a coinvolgere stabilmente una cinquantina di studenti.

Momenti importanti sono state le SFS del 2004 (segretari nazionali: Maria Carmela Aragona e Simone Esposito), che mi ha dato molta energia e quella del 2007, che abbiamo vissuto come circolo con grande consapevolezza, essendoci preparati molto. Svelo un segreto: alla SFS del 2004 avevo visto per la prima volta Cizio che era nel Team di accoglienza. Lui si ricordava di me- ma me lo ha detto dopo- e del maglione giallo che indossavo. Dirò di più… mia sorella aveva il cellulare di Cizio prima che lo avessi io quando ci siamo fidanzati. A quella SFS Cizio dava a tutti il suo cellulare perché era finalizzato al grande gioco che si sarebbe poi svolto…

Organizzavamo anche diversi incontri del Triveneto cui partecipavano anche i circoli di Padova, Trieste, Vicenza, Rovigo.

L’esperienza msacchina si è impreziosita con in Campi interregionali di Movimento, con la partecipazione ai Congressi, con la Mo.C.A. L’unico rimpianto è quello di non aver preso parte a campi nazionali.

Infine, nel 2008, abbiamo organizzato, come circolo veneziano MSAC, una gita di istruzione al Senato della Repubblica, per conoscere questa importante istituzionale della vita democratica del Paese.

E pensare che al MSAC ci sono finita quasi per caso, perché la Presidenza di Venezia volle regalarci il viaggio a Chianciano come premio per aver saputo comunicare nelle nostre scuole una iniziativa associativa.

Cizio, Cosa ricordi del tuo servizio in equipe nazionale?

Mi ricordo come l’equipe nazionale sia stata veramente il cuore pulsante, in cui si confrontavano diverse opinioni, ma che poi trovavano sintesi ed affiatamento.

Se devo aggiungere un piccolo rammarico, è quello relativo al fatto che non ci siano più due segretari nazionali: la differenza di genere era un segno importante. Per non parlare del fatto che ci si divideva il lavoro.

A cosa pensate quando sentite parlare di MSAC?

Claudia: All’I Care di don Lorenzo Milani. Siamo stai recentemente a Barbiana ed è stata una emozione vedere i luoghi del priore, spiegati da uno dei suoi alunni…

Cizio: lo volevo dire io. Inoltro, penso al ruolo di apripista che il MSAC ha sempre avuto anche verso il Settore Giovani. Quanto si trova ad affrontare il MSAC dopo qualche anno diviene oggetto di riflessione utile anche per i Giovanissimi.

Cosa augurate al MSAC?

Di rimanere una esperienza corale, comunitaria. Infatti, se il MSAC si lega troppo all’esuberanza di una sola persona, quando questa va all’università, l’esperienza rischia di esaurirsi. Insieme a questo, la intera Presidenza diocesana deve investire sul MSAC.

Una terza cosa: puntare su testi come Professione Studenti oppure la Regola spirituale dei Giovanissimi.

Come volete concludere questa intervista di coppia sul MSAC?

Per quel che ci riguarda… meno male che abbiamo incontrato il MSAC nelle nostre vite…

Io che ai prof dicevo che non ero d’accordo…

19 maggio 2010

Testimonianza di mons. Antonio Cecconi, MSAC Pisa anni ‘60

Ricordi sparsi sul Movimento Studenti

Erano i tempi della V Ginnasio al “Galilei” di Pisa, sezione B, insegnante di lettere – Dio l’abbia in gloria! – che quasi riempiva la vita degli alunni di greco latino italiano ecc. ecc. Non dico turbasse i nostri sonni, ma poco ci mancava. Andavo con regolarità in parrocchia, con un parroco zelante, le suore e tutto quello che poteva esserci in un piccolo paese di campagna, con una visione di chiesa che non si allargava molto oltre l’ombra del campanile. Il Movimento Studenti, prima al Ginnasio e poi al Liceo, fu per me un’occasione di riflettere sulla fede, di impegnarmi e di allargare le vedute, un modo più ampio e nuovo di considerare la chiesa e la vita di fede, di conoscere persone nuove, interessanti, più grandi di me e impegnate nel Movimento e non solo: Tutto questo aiutava a crescere… anche grazie all’incontro e alla frequentazione del prete con cui poi avrei maturato la mia vocazione.

Era anche un modo di esporsi, ricordo che una mattina facevo il volantinaggio all’ingresso della scuola per un’iniziativa del Movimento e subito dopo, appena entrato in classe, la prof –avevo dato anche a lei il volantino – mi interrogò a greco. Quasi una sfida, un tentativo di punizione che però, se fosse andato bene, sarebbe stato un punto a mio favore, mostrare che studiare era compatibile con una cosa “altra” dalla scuola; e me la cavai.

L’anno dopo, al Liceo, un professore che faceva professione di agnosticismo ci disse che la parola latina religio si poteva anche tradurre superstizione. Non riuscii a trattenermi dall’alzare la mano e dire che non ero d’accordo, io andavo in chiesa ma non ero e non mi sentivo superstizioso, chiedevo rispetto per le mie convinzioni.

Ricordo la prima volta che partecipai a un convegno nazionale alla Domus Pacis, mi pare fosse il ’67. Partimmo da Pisa col treno io e Claudio Masini, amico di una vita anche nel ministero sacerdotale; al di là del contenuto delle relazioni che ascoltavamo prendendo diligentemente appunti, fu un’esperienza entusiasmante stare insieme con tanti giovani, sia per i lavori del convegno che per una serata in piazza Navona dove facemmo un grande girotondo. Anche questo serviva a crescere, a legarsi alle persone e a un progetto di chiesa. Da uno dei convegni a cui partecipai, tornai a casa con un librone alto così: conteneva tutti i documenti del Vaticano II editi dall’AVE. Magari non ce ne accorgevamo, ma eravamo davvero parte di una chiesa in cammino.

A un certo punto, durante il Liceo, mi fu chiesto di occuparmi, sempre nell’ambito dell’AC diocesana, del movimento Aspiranti (che stava per diventare l’ACR). Però grazie ai quotidiani contatti scolastici continuavo a tenere i contatti e a fare qual che potevo anche col Mov. Studenti.

Erano gli anni della contestazione, della richiesta di libertà di assemblea nelle scuole. L’università di Pisa era all’avanguardia e il fervore si propagava sugli studenti delle medie superiori. Nei momenti caldi del ‘68/69, alcuni di noi tentarono di essere la “componente cattolica” di un moto che poi diventò scomposto e anche assai peggio. Nonostante molte tristi derive, io conservo vivo il ricordo, condiviso con molti compagni di scuola e amici di passioni civili, di un anelito di giustizia, pace e solidarietà. Non a senso unico, tant’è che riuscimmo a organizzare una bella manifestazione di solidarietà con la Cecoslovacchia invasa da carri armati sovietici.

A tanti anni di distanza, la memoria di quei giorni non è solo nostalgia, ma anche umile convinzione che le nostre vite sono state guidate e protette per continuare a crescere nella fedeltà al Vangelo e alla storia, attraverso la testimonianza e il servizio concreto alle persone, dentro e fuori i confini della chiesa visibile.

Don Antonio Cecconi – Vicario generale di Pisa e parroco di Calci